L’Unione Europea fissò per 2010, ovvero tredici anni fa, un obiettivo: assicurare ai territori una quantità di asili nido per un numero di bimbi da 0 a 2 anni pari ad accoglierne almeno il 33%. Siamo al 2023, ma l’Italia ha ancora una copertura percentuale non superiore al 28%.
Come diceva Trilussa, tuttavia, le statistiche sono fatte per ingannare: se tu mangi due polli e io zero, la media dice che ne abbiamo divorato uno a testa. Così accade per la vicenda degli asili nido. Mentre il Centro Nord è ‘coperto’ per il 34,4% dei bimbi da 0 a 2 anni, il Mezzogiorno resta a un vergognoso 16,2%.
Il Pnrr doveva servire a ridurre anche questa diseguaglianza, ma con la revisione rischiano di saltare 100mila posti per gli asili nido. Non solo. I soldi che resteranno finalizzati a questo obiettivo saranno riservati alla costruzione di nuovi edifici, mentre si escluderà la ristrutturazione di strutture esistenti, che sembra sia invece la tipologia progettuale più proposta dagli enti meridionali.
Lancio un appello alla Presidente Meloni: si assicuri puntualmente che quanto tolto dal Pnrr sia ripristinato con altre risorse (fondi Ue o fondi sviluppo e coesione). Il Mezzogiorno ha assoluto bisogno di asili nido. La loro mancanza, tra l’altro, rappresenta uno dei motivi prioritari delle difficoltà delle donne del Sud a trovare un lavoro stabile. Se vogliamo migliorare il loro tasso di occupazione, lontanissimo dalle medie europee, dobbiamo offrire al Sud ciò che gli spetta ‘di diritto’, se crediamo nell’uguaglianza delle opportunità.