Le puntate della telenovela Bagnoli sembrano non finire mai. Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha informato il parlamentino della decima municipalità che per la riconversione servono un miliardo e 200 milioni. Vista l’enormità della cifra, di cui si dovrebbe fare carico lo Stato, il sindaco ha chiesto al soggetto attuatore Invitalia una valutazione economica dell’eventuale messa in sicurezza della colmata, in alternativa alla sua rimozione. Approssimativamente, è già stata fatta una stima: i costi della bonifica marina si dimezzerebbero, rispetto all’attuale previsione di 630 milioni.
Il problema è che l’impegno finanziario per dare vita alla nuova Bagnoli non si esaurisce nella bonifica marina. Bisogna aggiungere più di 300 milioni per le bonifiche dei terreni e per le infrastrutture, più altri soldi, ordine di grandezza sui 290 milioni, per realizzare parco urbano e waterfront.
A sborsare il miliardo e 200 milioni, o circa 900 milioni con lo sconto da mancata rimozione, dovrebbe essere lo Stato. Ma, al momento, per Bagnoli non ci sono stanziamenti.
Ci sarebbe da ridere se non si trattasse di un immobilismo ormai trentennale, che tarpa le ali a uno dei progetti fondamentali per il rilancio della città.
Come uscirne? La missione non è impossibile, purché vi sia volontà politica. Provo a suggerire: e se si utilizzassero parte dei Fondi sviluppo e coesione destinati alla Regione Campania e oggetto di querelle tra il Ministro Fitto e il Presidente De Luca? Occorrerebbe, naturalmente, rivedere anche la normativa che impone la rimozione della colmata, operazione foriera di seri rischi di inquinamento ambientale.
Ma, se si vuole uscire da una situazione ingessata da decenni, bisogna anche dare dimostrazioni concrete di una ritrovata credibilità. Bagnoli, ormai, in tutta Italia e non soltanto a Napoli, è diventata un simbolo di grandi sprechi ed enormi opportunità perdute. Per uscire dal cul de sac, si proceda per step. Sembra che su questa strada si sia orientato anche il Comune. I lavori per le bonifiche terrestri dovrebbero essere completati entro quattro anni, ma appena un singolo spazio verrà reso fruibile, si provvederà a renderlo disponibile per gli investimenti dei privati. Un utilizzo proficuo, nel quadro di uno sviluppo sostenibile, senza aspettare che si completi l’intera operazione, bonifica marina inclusa. Il buonsenso ci dice che è il solo modo per non rimandare all’infinito qualsiasi intervento di rilancio.