ROMA – Il rapporto sulla competitività europea era stato richiesto a Mario Draghi dalla Commissione di Bruxelles. La gestazione è stata lunga ma tutt’altro che infruttuosa. L’ex Presidente della Bce, ex Premier, ex Governatore della Banca d’Italia, non ha avuto infatti alcuna remora a presentare una ricetta che definire terapia d’urto è il minimo. Tocca ora alla Von der Leyen e alla sua futura Commissione, oltre che naturalmente agli Stati membri, dare seguito o meno alle indicazioni di Draghi. Metterle in pratica richiederebbe coesione e determinazione da parte di tutti, requisiti che, almeno al momento, non si vedono all’orizzonte. Attuare il Piano Draghi significherebbe assicurare anche un forte impulso allo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Draghi sostiene infatti che, per impedire il declino dell’Europa, ci vuole ben più di un piano Marshall. Occorrono investimenti aggiuntivi annui di entità gigantesca, pari a circa 750 – 800 miliardi di euro. Per disporre di una cifra così ingente bisognerebbe gioco forza fare ricorso al debito comune, superando le resistenze del passato, ad esempio di Paesi come Germania e Olanda. Parliamo di euro bond, la cui filosofia, in ultima analisi, è stata alla base di almeno parte della strumentazione prodotta da Bruxelles per fronteggiare la calamità Covid, a partire dai fondi straordinari messi in campo con Next Generation Eu. L’approccio dato da Draghi al Report è coerente con la sua teoria che distingue tra un debito ‘buono’ e un debito ‘cattivo’. Se le risorse acquisite con l’indebitamento vengono investite in settori fondamentali per creare sviluppo e quindi un grande ritorno economico, fanno parte della prima categoria, se sono invece sperperate o usate solo per fini assistenzialistici o corporativi, rientrano nella seconda. Il debito buono è proprio quello che servirebbe al Mezzogiorno che, in tal modo, disporrebbe di soldi sufficienti per realizzare in pieno infrastrutture, servizi e politiche di incentivazione della crescita del tessuto produttivo. La prospettiva di ridurre drasticamente il divario territoriale e allontanare l’incubo della desertificazione demografica potrebbe allora diventare realtà. La svolta europea metterebbe in circolo tanta liquidità in più senza correre soverchi rischi in termini di tenuta dei mercati finanziari, perché a garantire per gli importi aggiuntivi sarebbe l’Europa tutta e non i singoli Paesi. Quella di Draghi è un’idea semplice quanto brillante. Se si vuole davvero che l’Europa torni a contare sullo scacchiere internazionale, si farà bene a dargli concretezza.