Tra i tanti, forniti dal primo rapporto dell’Osservatorio Economia e società presentato dal Comune di Napoli, c’è un dato impressionante. Nel giro di un biennio, dal 2021 al 2023, gli introiti incamerati da Palazzo San Giacomo con l’imposta di soggiorno sono passati da meno di 6 milioni e 600 mila euro a quasi 18 milioni. Una crescita del 175%, che dà l’idea di quello che sta accadendo sul fronte turistico, per una città divenuta fortemente attrattiva e con potenzialità di ulteriori incrementi da mettere a frutto e da governare con attenzione. Colpisce di meno il dato sul pil pro capite dei napoletani, di poco superiore alla media nazionale: 30.804 euro piuttosto che 30.231. Attesta indirettamente la perdurante arretratezza del Sud, in cui perfino il capoluogo principale non assicura livelli di produzione marcatamente superiori a quelli del resto della Penisola, come accade invece per i centri maggiori del settentrione. Così come rientra nella logica delle cose l’andamento dei settori, con i servizi che incidono per l’87,3%, l’industria in arretramento al 12,3%, l’agricoltura ormai ridotta allo 0,4%. Parliamo di Napoli città, pensare che le imprese manifatturiere tradizionali o la coltivazione della terra potessero avere quote maggiori sarebbe stato ignorare i trend fisiologici di tante metropoli moderne. È, se mai, confortante che i ricavi delle undicimila imprese analizzate dall’Osservatorio siano lievitati del 10,6% nel giro di un anno, dal 2021 al 2022, anche se qui ovviamente ha giovato l’effetto ripresa post Covid. Ed è positivo, come sottolineato dal sindaco Manfredi, il fatto che il digitale e le startup innovative risultino in forte crescita. A tal proposito, tuttavia, il rapporto segnala una possibile criticità. Per gestire l’innovazione c’è bisogno di competenze, di profili qualificati. Sicuramente non aiuta il deficit di laureati che accusa la città. Sono appena il 16% della popolazione, la metà circa del valore registrato a Milano e a Bologna. L’orientamento e la formazione diventano dunque un orizzonte prioritario per l’impegno di istituzioni e forze sociali, se si vuole dare linfa al disegno di fare di Napoli la punta di diamante di un Mezzogiorno che sappia conquistarsi con i risultati concreti il ruolo di nuovo motore produttivo della nazione. Occorre aumentare il livello medio delle competenze dei nostri giovani, raggiungendo quanto meno i livelli di altri centri metropolitani, a loro volta indietro rispetto agli standard europei. Se c’è volontà politica, è un obiettivo raggiungibile.