Chi è l’imprenditore lungimirante? Dipende dalle circostanze, ma, in casi limite, può esserlo anche chi decide di cedere la propria attività, trasformandosi in un manager dell’azienda acquirente, di dimensioni quantitative e struttura qualitativa più adatte per affrontare la sfida del mercato.

È importante che le istituzioni, sia a livello centrale che territoriale, incentivino fusioni tra imprese, aggregazioni, reti. È anzi necessario, perché in troppi casi, nel mercato globale, piccolo non è affatto bello, e mediamente le nostre realtà produttive sono inferiori per consistenza a quelle di altri stati.

Una delle conseguenze negative è che non si pagano adeguatamente i cosiddetti cervelli. A volte può essere anche un limite culturale, il ‘braccino corto’, ma più spesso dipende proprio dall’oggettiva impossibilità di dare a chi vale quello che meriterebbe.

Il risultato è preoccupante, come dimostra il recentissimo rapporto di Almalaurea. A un anno dal conseguimento della preziosa pergamena, all’estero i laureati di secondo livello percepiscono 2.174 euro mensili netti, rispetto ai 1393 di chi è rimasto in Italia. E dopo cinque anni la situazione peggiora: 2.710 euro contro 1708. In pratica, da uno scarto del 56,1% si passa a una differenza del 58,7%.

Come documenta il rapporto, sono quasi due terzi i giovani laureati, inoccupati dopo un anno, che dichiarano di rifiutare offerte di circa 1250 euro. Spesso si tratta di persone che stanno preparandosi a percorsi di emigrazione simili a quelli di tanti altri ragazzi e ragazze italiani: l’Istat computa in ben 132 mila i laureati che hanno lasciato l’Italia negli ultimi dieci anni.

Questi giovani rappresentano un patrimonio da salvaguardare, una componente decisiva su cui investire per assicurare alla nostra nazione un futuro degno del suo straordinario passato. Chi ha più conoscenze e competenze le mette a disposizione del sistema economico e produttivo, accelerandone le dinamiche innovative e consentendo così all’Italia di gareggiare ad armi pari con i competitor del resto del mondo.

L’auspicio, dunque, è che si accelerino in ogni direzione le politiche e si predispongano gli strumenti per far sì che la migrazione intellettuale si riduca e che, anzi, si registrino sempre più fenomeni opposti, di attrazione dei cervelli nella nostra Penisola. Cominciando col favorire la crescita strutturale delle nostre aziende. In Italia e, con ancora maggiore intensità, nel Mezzogiorno, area dove la dimensione media è ancora più piccola che nel Centro-Nord.