Nel 2022 i ritardi nella realizzazione delle infrastrutture hanno provocato all’Italia un danno economico di 93 miliardi. Questo disastro cresce negli anni, invece di diminuire. Nel 2011 si aggirava su una cifra poco superiore alla metà. A evidenziarlo è una ricerca effettuata dal Centro Studi Divulga per conto della Coldiretti. Ci sono due pilastri su cui agire per porre fine allo scempio: modernizzazione della pubblica amministrazione e, cosa ancora più importante perché premessa logica per realizzare il primo pilastro, ferrea volontà politica.
Il deficit di produttività che pesa sull’Italia, facendone l’unico Paese dell’Ocse in cui nei primi ventuno anni del secolo il reddito pro capite reale è diminuito invece che crescere (e di ben 4 punti!), si supera solo ponendo le basi per un forte incremento del Pil.
Come è noto, il Pnrr ha puntato proprio sul potenziamento infrastrutturale, centrando gli interventi in particolare nel Mezzogiorno, area che presenta un notevole gap in tal senso con il resto del Paese. È necessario che i programmi vengano attuati, ma per farlo bisogna monitorare con estrema attenzione tutte le tappe degli interventi infrastrutturali messi in campo.
Una considerazione è necessaria al riguardo: una delle principali difficoltà per lo sviluppo dell’impresa (in manifattura, come nei servizi e nell’agricoltura) e dell’economia meridionale sta proprio in questo deficit infrastrutturale. Insomma, si può pensare di ovviare nel frattempo con incentivi compensativi per chi opera nel Sud, ma non si può assolutamente rinunciare a rimuovere il male alla radice, realizzando ad esempio i collegamenti ferroviari e stradali che mancano o sono vetusti, completando la rete delle telecomunicazioni, ecc. ecc. Senza questa svolta, il Mezzogiorno resterà sempre un problema per il Paese e i suoi tassi di disoccupazione continueranno a essere molto più elevati della media nazionale ed europea.