Gli ultimi dati sull’andamento della spesa per gli investimenti delle Ferrovie dello Stato finanziati dal Pnrr sono molto significativi. Finora sono stati investiti 7,5 miliardi, poco più del 30% delle risorse assegnate al gruppo. Si tratta di una cifra ingente, che dà la misura di quanto importante sia Ferrovie dello Stato nell’ambito dell’operazione Pnrr. Ma, pur di fronte a importi rilevanti e a una capacità di spesa tutt’altro che trascurabile, non va sottaciuto che la revisione del Piano ha ‘tagliato’ gli interventi definiti per il gruppo Fs per circa 2 miliardi. Di questi, ben 787 milioni riguardano interventi destinati a realizzare collegamenti ad alta velocità per il Mezzogiorno. Sono state depennate ulteriori risorse finalizzate a modernizzare le stazioni ferroviarie del Sud.
Vanno ribaditi, in proposito, due elementi. In diversi casi i tagli effettuati nel Pnrr nascono dalla verifica della impossibilità di rispettare le scadenze perentorie fissate per il Piano, al 2026. La seconda precisazione da fare riguarda le ripetute assicurazioni del Ministro Fitto circa il fatto che le iniziative verranno rifinanziate con altri fondi, non cancellate.
Nel frattempo, visto che in origine l’intervento per la rete ferroviaria rappresentava la più importante delle voci di potenziamento infrastrutturale del Sud, sarà fondamentale che si rispettino almeno i termini per le opere, per così dire, ‘sopravvissute’. Risultano strategiche, tra le altre, le linee ad alta velocità/alta capacità Napoli-Bari e Salerno-Reggio Calabria. L’auspicio è che si riesca a dotare il Sud di grandi infrastrutture come queste, in grado di collegarne i territori, di ridurre drasticamente i tempi di percorrenza, di supportare così le attività economiche.
È assolutamente necessario, inoltre, che quanto depennato dal Pnrr non vada a pregiudicare la riserva del 40% per il Sud. Quello che è stato tolto, insomma, deve essere riutilizzato sempre a vantaggio del Mezzogiorno.
Così come è importante che, anche per gli altri fondi, si rispettino le quote Sud, perché solo così, oltre che naturalmente con l’uso efficace delle risorse disponibili, si può ridurre il gap col resto della nazione. Un esempio è costituito dal Fondo sviluppo e coesione, le cui dotazioni sono in gran parte destinate al Mezzogiorno e non devono essere stornate per rifinanziare tagli del Pnrr relativi a interventi da effettuare nel Centro-Nord.
È una questione etica, di equità, di superamento delle discriminazioni territoriali che, fin dalla sua nascita, hanno angustiato lo Stato unitario.