Una delle tradizioni più romantiche e suggestive dei matrimoni italiani è quella in cui lo sposo prende in braccio la sposa appena varcato insieme la soglia di casa. Un gesto che oggi è simbolo di protezione e affetto, ma che nasconde origini ben più antiche e legate a superstizioni popolari.
Questa tradizione, che si è radicata nella cultura popolare e nelle usanze matrimoniali italiane, risale infatti all’epoca dell’Antica Roma, dove si attribuiva grande importanza ai segni e ai riti che potevano influenzare la felicità e la prosperità della nuova coppia. In particolare, si credeva che gli spiriti maligni, o demoni, potessero entrare nella casa attraverso le scarpe della sposa. Secondo questa credenza, se la sposa inciampava mentre varcava la soglia di casa, il gesto avrebbe rappresentato un segno negativo, quasi come se il matrimonio non fosse benvoluto dalle divinità del focolare, che proteggono la casa e la sua armonia.
Per evitare che questo accadesse, si pensava che il marito dovesse sollevare la sposa in braccio, impedendo così che le sue scarpe toccassero il suolo e, simbolicamente, che le forze oscure avessero la possibilità di entrare. Questo gesto, quindi, non era solo un atto di protezione fisica, ma anche un rito di purificazione.
Con il passare dei secoli, la tradizione ha assunto una connotazione romantica, rappresentando l’inizio di una nuova vita per la coppia, dove lo sposo si fa carico della sposa e le promette di prendersene cura. Tuttavia, le radici di questo gesto sono saldamente ancorate alla superstizione popolare, legata alla protezione contro i cattivi presagi e alla benedizione delle divinità domestiche. Oggi, anche se molti giovani sposini potrebbero non essere consapevoli del significato profondo di questa tradizione, l’usanza rimane un simbolo di amore e di legame, e continua a essere celebrata con un tocco di magia e di fascino. Come ogni buona superstizione, la sua persistenza nel tempo ci ricorda l’importanza dei riti e dei segni, che in qualche modo riescono a unire il passato e il presente in un racconto senza fine.