BOSTON – Una grande e vasta esperienza quella di Mario Draghi, la cui convinzione circa l’aiuto da dare all’Ucraina fin dall’inizio della guerra, è stato sempre costante e mai messo in discussione. Ma adesso la questione si è fatta più stringente, la guerra ha cambiato aspetto, è divenuto a tutti gli effetti un ‘genocidio’ nei confronti del popolo ucraino. Delusa una una guerra che volge al peggio giorno dopo giorno, la Russia sta cercando in tutti i modi di colpire diretta,ente cittadini inermi e infrastrutture in modo da annientare popolazione e identità nazionale. Lo zar ha bisogno di una terra asservita e a quanto pare non gli interessa delle persone che quella terra la abitano. Anche l’ultima bestialità dell’esplosione alla diga, ha reso maggiormente chiaro il disegno di Putin e dei suoi accoliti. La controffensiva ucraina spaventa i russi, e sta travolgendo migliaia di soldati falciati come grano quotidianamente. Ancora peggio adesso che le acque hanno sommerso parte del fronte che di conseguenza si è dovuto spostare a tutto vantaggio degli Ucraini. Su questo scenario le dichiarazioni dell’ex premier italiano Mario Draghi sono come piombo fuso sulle velleità russe. “La brutale invasione russa dell’Ucraina – ha sottolineato Draghi al Mit di Boston – non era un atto di follia imprevedibile. ma un passo premeditato di Vladimir Putin e soprattutto, per chi non l’avesse ancora capito, un colpo intenzionale per l’Ue. I valori esistenziali dell’Unione europea sono la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica, ed è per questo che non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati se non garantire che l’Ucraina vinca questa guerra”. Draghi ha poi concluso: “accettare una vittoria russa infliggerebbe un colpo fatale all’Ue, tanto da metterne in ballo la sua stessa esistenza”. Molti hanno considerato le affermazioni di Draghi una vera e propria chiamata alle armi, ma gli analisti più pacati e meno guerrafondai, ci hanno visto solo una sincera presa di posizione relativamente ai fatti in campo, a prescindere da qualsiasi squallida propaganda dall’una o dall’altra parte. Dopotutto, e a conti fatti, su un fatto sono tutti concordi: la Russia di Putin non scenderà mai a patti con le richieste di Kiev, a meno che non venga sconfitta in maniera devastante sul campo di battaglia tanto da doversi ritirare di sua iniziativa da tutti i territori occupati illegalmente fin dal 2014. Si fa largo ultimamente, soprattutto tra i Paesi baltici, l’idea che la NATO debba sfilare i suoi guanti di raso ed infangarsi un po. A possibile luce verde, come i dice in gergo, l’alleanza impegnerebbe meno di 48h per annientare le forze russe in campo in Ucraina, e stiamo parlando di oltre 150mila uomini tra Crimea e Donbas. Questo avrebbe su Mosca un effetto da shock anafilattico. A luglio a Vilnius i paesi baltici mireranno a questo, ed in caso di mancato ottenimento, qualcuno di loro potrebbe pensare in autonomia di mandare soldati in Ucraina, come già sottolineato nei vertici informali della NATO. La guerra in un modo o nell’altro dovrà pur finire, l’Ucraina non sparirà dalla carta geografica così come voleva lo zar, e nemmeno la Russia che però da parte sua si troverà a fare i conti con la Storia e soprattutto con il mondo libero e civile che non ha più nessun interesse a trattare con la barbarie. Il problema però resta sempre uno: anche se la Russia esce sconfitta, chi ci assicura che tra 10 anni non torni all’assalto?