La vicenda della terza rata del Pnrr sta assumendo connotati surreali. Se la narrazione in circolo è veritiera, l’Italia non incassa da febbraio 19 miliardi di euro perché una minima parte di obiettivi dichiarati raggiunti a fine dicembre 2022 non lo sarebbero stati effettivamente. Mancherebbe la realizzazione di 7500 posti per studenti, appaltati a opera delle università. I funzionari Ue si rifiutano quindi di dare il via libera, per non incorrere in rischi penali, rispondendo di persona presso la Corte dei Conti europea per avere avallato una dichiarazione falsa. Sempre in base a indiscrezioni ampiamente diffuse, la soluzione al problema sarebbe l’erogazione di una tranche da oltre 18 miliardi e mezzo, forse anche di 18 miliardi e 800 milioni. Evidentemente, la parte residuale sarebbe rinviata a realizzazioni avvenute e certificate. Se questa ipotetica proposta stesse davvero in piedi, crediamo che il Governo dovrebbe coglierla al volo pensando alla sostanza e non alla forma, senza temere interpretazioni strumentali dell’opposizione o perdite di prestigio sul piano internazionale. L’infrazione è infatti circoscritta, e con responsabilità che possono estendersi anche a un deficit di pianificazione dell’esecutivo precedente, oltre che originare da informazioni errate, la cui fondatezza non si è avuto il tempo di controllare, vista la corsa contro il tempo imposta dal meccanismo delle tranche. La nostra convinzione è che il Governo debba fare del Pnrr una priorità assoluta del proprio percorso politico attuativo. Siamo in una fase complessa, con le imprese che, dopo aver trainato la ripresa economica nell’ultimo biennio, scontano le ricadute della crisi tedesca, di un’inflazione ancora alta e del costante aumento dei tassi che finora non è servita a frenarla. Anche perché le cause del caro prezzi stanno nei profitti ingiustificati di chi continua a speculare, pur dopo il venir meno di alcuni fattori oggettivamente inflattivi, come il forte incremento delle tariffe energetiche.  In questo scenario, il Pnrr, oltre a essere fondamentale per accompagnare il sistema Italia nella transizione digitale ed ecologica, riducendo le diseguaglianze, può e deve avere anche la funzione di strumento antirecessivo. Si stima che la sua realizzazione assicuri un incremento del Pil almeno di un punto all’anno. Si chiuda dunque in fretta la querelle terza rata e si concentrino le energie per centrare gli obiettivi che servono a permettere l’erogazione della quarta. Magari supportando maggiormente i Comuni che, con i loro deficit qualitativi e quantitativi di organico, costituiscono uno dei nodi critici per il rispetto dei tempi, nei tantissimi fronti di impegno in cui si trovano a dover sviluppare iniziative e progettualità.