Il fisco è solerte e a volte fin troppo rigoroso nel perseguire le piccole imprese. Paradossalmente a metterle in difficoltà, in diversi casi, c’è uno Stato che non fa fronte con regolarità all’assolvimento delle sue pendenze. I debiti della Pa nei confronti delle aziende ammontano a 50 miliardi (dati Eurostat), pari al 2,6% del Pil nazionale. Su quindici ministeri sono ben 12 quelli che non rispettano la normativa vigente, che imporrebbe di regolare le fatture nello spazio di 30 giorni. L’Italia, per questa sua grave anomalia, è il Paese ultimo in Europa per rispetto di direttive originarie dettate proprio da Bruxelles. Per dare un’idea della distanza dagli altri membri Ue, si pensi che la Spagna fa riscontrare un’incidenza dei debiti delle proprie amministrazioni sul Pil non superiore allo 0,8%, mentre Francia e Germania si attestano rispettivamente sull’1,5% e sull’1,6%.
L’andazzo si ripete, e a volte si amplifica, per le amministrazioni territoriali, con ritardi ancora maggiori per il Mezzogiorno. Da record negativo la prassi instaurata di fatto dal Comune di Napoli, che paga i suoi creditori, in media, 206 giorni oltre il termine citato.
C’è stato qualche segnale di miglioramento nella condotta della Pa in questi ultimi mesi, ma di certo la notizia più incoraggiante è un’altra. Finalmente lo Stato ha definito delle sanzioni per indurre chi sbaglia a rivedere i propri atteggiamenti di comodo! I dirigenti pubblici che, in barba ai propri doveri, non corrisponderanno tempestivamente quanto dovuto per beni e servizi acquistati dalle loro amministrazioni, saranno puniti con una decurtazione dei premi di risultato.
La circolare è stata firmata dal Ragioniere generale dello Stato, Biagio Marzotta, e dal Direttore del Dipartimento delle Funzione Pubblica, Marcello Fiori.
I premi, in caso di trasgressioni, saranno tagliati come minimo del 30%. È un modo per colpire ‘nel portafoglio’, ovvero in maniera sensibile sul piano dell’interesse personale, esponenti di vertici amministrativi che, a vario titolo, risultano responsabili dei ritardati pagamenti.
A beneficiare della svolta dovrebbero essere le piccole imprese, che hanno purtroppo minore potere contrattuale e quindi sono vittime sacrificali di amministrazioni indolenti. Spesso con effetti dannosissimi, come la mancanza di liquidità necessaria per fare fronte a oneri economici nei riguardi di fornitori privati o, paradossalmente, di altri soggetti pubblici, in primis l’amministrazione finanziaria. È proprio il caso di dire: il cane che si morde la coda.