Ho già avuto modo di occuparmi dei sorprendenti esiti dell’indagine di Mediobanca e Istituto Tagliacarne-Unioncamere sulle medie imprese italiane. Quelle del Sud, poche ma in forte crescita, fanno registrare performance di fatturato superiori al resto del Paese e tassi di incremento delle esportazioni nettamente più marcati.
Ma c’è un dato soprattutto che spiega il fenomeno delle medie imprese meridionali. Si tratta dell’aumento molto contenuto del costo del lavoro pro capite: nemmeno 3 punti percentuali nel decennio 2012-2021, a fronte di oltre 13 punti del resto del Paese.
È evidente che i cospicui risparmi originati dalle differenze nei salari possono essere utilizzati per altre esigenze, a vantaggio della competitività del sistema impresa Sud.
Ma ciò costituisce una conferma di quanto più volte ho avuto occasione di sostenere: nel Mezzogiorno non c’è bisogno di gabbie salariali, per il semplice motivo che, di fatto, già ci sono!
L’importante, se mai, per il futuro, è che queste ‘gabbie di fatto’ non assumano contorni e dimensioni tali da incentivare i giovani in cerca di lavoro, soprattutto i laureati, a proseguire la diaspora verso terre più attrattive. Il Sud ha bisogno di ridurre le distanze, non di aumentarle. Anche per quanto riguarda il costo del lavoro.