Diciamoci pure la verità. Il vecchio bisonte biondo se la poteva proprio risparmiare questa “trovata geniale” dell’aumento urbi et orbi dei dazi sulle merci prodotte in ogni parte del mondo e in arrivo nei porti e nelle Dogane del paese a stelle e strisce. Proprio gli Stati Uniti, fautori per eccellenza del libero mercato e della globalizzazione selvaggia che ha travolto e modificato i canoni tradizionali del commercio negli ultimi 25 anni, impoverendo tanta gente impreparata e arricchendo tanti altri operatori commerciali più avveduti o spregiudicati, proprio da loro non ce lo saremmo mai aspettato che avessero abiurato stili di vita e teorie economiche consolidate. Ritrovandosi d’un tratto Paese iper protezionistico, impaurito e assediato.
Tanto da creare una barriera frangiflutti, ai propri confini, realizzata con dazi commerciali a protezione della economia e dei mercati americani, inondati di merci di ogni genere prodotti in ogni parte del mondo, favoriti da quella globalizzazione che ha creato nuovi mercati emergenti, in specie nei paesi asiatici. Cina fra tutti.
E’ la rivincita del “dragone cinese”( e degli altri paesi asiatici, India compresa), che ha saputo lentamente copiare, contraffare, riconvertire, rimodellare e infine produrre a costi davvero infinitesimali quell’antico patrimonio di produzioni di eccellenza dei mercati Europei ed Americani. Ed ora ci riversano prodotti a basto costo ma, invero, di qualità sempre migliori. E poco conta se le condizioni di lavoro di questi operai cinesi o vietnamiti, indiani o africani siano simili a quelli degli animali da allevamento. Ridotti come schiavi a lavorare 18 ore al giorno in ambienti di lavoro improbabili e malsani. E’ il costo della globalizzazione cui nessuno ha voluto dare un freno. Tanto meno gli Stati Uniti. Un processo irrefrenabile che ha travolto tutto e tutti. Ed oggi ci accorgiamo dei danni, forse irreversibili, per l’economia dei Paesi Occidentali.
In questo bailamme cosa ha tirato fuori dal cilindro il neoeletto Presidente Americano? I dazi commerciali contro tutto e contro tutti i Paesi. Ma poi, a pensarci bene……non proprio a tutti. Non riusciamo a spiegarci perché son rimasti fuori paesi come la Russia o la Corea del Nord. Paesi in guerra contro l’Ucraina. Un piccolo favore per Putin e i suoi alleati asiatici per distoglierli dalla macelleria umana che stanno producendo in Ucraina? Se servisse davvero a questo, almeno sarebbe comprensibile.
Ma passiamo a valutare le cose a noi più vicine. Andiamo ad analizzare i dazi imposti al nostro Paese e all’Europa intera in ordine alle autovetture prodotte nel vecchio continente. Pensate per esempio ad un’auto Fiat. Ma chi volete che negli Stati Uniti acquisti una Fiat quando nel nostro mercato interno una vettura dell’ex Gruppo torinese non la compra più nessuno. Affondate, come anche le altre autovetture di marche pur prestigiose europee, da automobili più belle, più moderne, superaccessoriate ed affidabili oltre che di ultima generazione, spesso completamente elettriche. Come globalizzazione e fanatismo verde ormai impongono. In barba alle difficolta enormi che queste scelte miopi stanno producendo al comparto automobilistico. E alla economia europea. E invece le auto più vendute sono tutte vetture cinesi, coreane, giapponesi e chi più ne ha più ne metta. Se Sparta piange, Atene non ride, ci verrebbe da dire.
E cosa dire dei prodotti farmaceutici realizzati in Italia che il buon Trump vuole appesantire di nuovi dazi? Saranno fatti suoi, tenendo conto che quasi tutte le aziende farmaceutiche nostrane che esportano farmaci negli USA sono di proprietà americane. Proprio così, cari amici. Si tratta di multinazionali americane che negli anni della globalizzazione hanno spostato i loro stabilimenti nel Bel Paese. E che oggi già inondano i mercati mondiali con farmaci di alta efficacia e qualità prodotti in Italia. Altra perdita di tempo inutile per il “ Tycoon” che rischia di far pagare agli americani due volte di più le medicine italo-statunitensi. Contento lui….
Vogliamo dare una occhiata ai nostri prodotti di eccellenza dell’agroalimentare? Certo, se non fossero stati aumentati i dazi da Trump saremmo tutti più sereni per il futuro dei volumi di esportazione dei nostri prodotti verso gli USA. Ma poi, ragionando con calma e senza attacchi di ansia collettivi, ce li vedete voi i consumatori americani, così avveduti, maturi e conoscitori profondi dei prodotti di qualità, rinunciare al nostro Parmigiano Reggiano per sostituirlo con il “parmesan brasiliano” o altre “patacche” prodotte magari in Florida o in California? E non vale la stessa cosa per il prosciutto di Parma o mille altri prodotti del nostro Made in Italy del comparto agroalimentare, ormai divenuti patrimonio indiscusso di consumo anche sulle tavole degli statunitensi? E il nostro vino e l’olio extravergine italiano? Ma vogliamo scherzare? Credete davvero che i consumatori americani possano spaventarsi per un costo al dettaglio lievitato forse del 15/20% ??
E allora, cari lettori, diciamocela tutta: questa storia dell’aumento dei dazi USA diventerà una barzelletta per le nostre esportazioni verso gli Stati Uniti. Una barzelletta che si ritorcerà magari sugli americani (destinatari finali dei nostri prodotti). Ma non intaccherà i volumi di export che lamentano un po’ istericamente gli imprenditori italiani. Certo bisognerà anche studiare dei correttivi a queste misure “protettive” adottate dai nord-americani. E si farà con calma e buon senso in campo europeo. Senza drammatizzare ne’ affannarsi troppo. Occorre riflettere adeguatamente sulle iniziative da mettere in campo nel Vecchio Continente, nell’ambito e nel rispetto di quella reciprocità più volte sollecitata da Trump.
Tenendo anche conto che, se si analizza attentamente e in maniera asettica e imparziale il fenomeno dei nuovi dazi imposti dagli USA, questi ultimi risulteranno in larga parte oltremodo giustificati per l’economia americana che, come abbiamo visto, troppo spesso si ritrovava assediata e strangolata da dazi ingiustificabili e oltremodo inaccettabili applicati da decine e decine di paesi emergenti a scapito di quella reciprocità inapplicata o negata, pur se invocata da Trump a gran voce e da diverso tempo. E che questa iniziativa del Presidente americano, messa in campo anche per onorare un impegno elettorale con i propri elettori, trova giustificazioni economiche non secondarie o apparentemente velleitarie. Ma piuttosto a tutela dell’economia americana resa asfittica da scelte politiche datate e controverse.
Nel frattempo e in attesa di misure adeguate ed efficaci per il mondo delle imprese e per l’economia del nostro Paese e dell’Europa intera che si trovano, loro malgrado, ad affrontare anche questo nuovo problema dei dazi, prepariamoci ad adottare misure eccezionali a livello europeo in ordine ad una nuova e necessaria sospensione del Patto di Stabilità UE (come accadde in periodo di Pandemia) per dare maggiore libertà e respiro economico ai mercati e alle imprese, attraverso misure di sostegno straordinarie che non siano ostacolate o vanificate dai lacci e lacciuoli dei vincoli di bilancio imposti a livello europeo.