Alla fine si tratta di una tregua per un solo mese, ma si può continuare a bombardare le città Ucraine!
Certamente apprezziamo la buona volontà di Trump nel riprendere a dialogare con il “conquistatore del nuovo millennio”. Nel mare magnum di iniziative di pace mancate o abortite sul nascere in questi ultimi tre anni di guerra, risulta certamente positivo il tentativo del Presidente dello Stato a Stelle e Strisce di aprire una stagione nuova di dialogo con Putin.
Ma a che prezzo? Abbiamo la certezza che Trump abbia compreso di trattare il suo interlocutore nella dimensione giusta e nei panni che quest’ultimo ha scelto di indossare in questi 3 anni di invasore criminale di uno Stato Sovrano?
Siamo certi che l’approccio apparentemente “tranquillo” e amichevole di Trump, sia pure attraverso una linea telefonica desueta e per troppi anni colpevolmente silente, sortisca gli effetti sperati?
O non è forse questo atteggiamento troppo ammiccante e arrendevole degli USA, la riprova che Putin attendeva, e cioè che neanche l’America ha voglia di contrastare la sua manìa di grandezza e la smania di ricostruire quell’Impero del Male che la storia gli ha cancellato a suon di calci e picconate sul muro di Berlino, alimentate dal furore popolare che gli appelli di pace e libertà di un Papa polacco aveva acceso nei cuori dei popoli europei?
Quanti anni sono passati da quelle meravigliose immagini di tripudio di popoli non più oppressi trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo? Il muro che cadeva giù, i giovani di Berlino Est ed Ovest che si incrociavano festanti, gli anziani commossi ed increduli che si ricongiungevano con le loro storie familiari spezzate da un orrendo confine di mattoni. E poi i carri Armati sovietici che lasciavano nottetempo Varsavia per fare ritorno a Mosca. Come a Praga, a Budapest, a Kiev. Gli avamposti dell’Armata Rossa in Europa dell’Est smobilitavano sotto una crisi politico-sociale irreversibile dell’Orso Russo. Dagli Urali al Caucaso, dal Mare Artico all’Oceano Pacifico.
Anche l’Europa era in festa. Una festa emozionante, da troppo tempo attesa. E tra la gente esultante spuntavano le foto gigantesche di un” Gigante” di quella stagione di nuove speranze e di pace per il mondo intero: Karol Wojtyla, il Papa Polacco che scelse il nome di Giovanni Paolo II° e che con il suo dinamismo, la sua intensa attività apostolica, la conoscenza profonda delle radici cristiane delle popolazioni dell’Est Europeo e il loro grande amore per la libertà, scosse dal profondo le coscienze sino ad esplodere in mille rivolte incruente in ogni capitale o città dell’Europa sovietica.
Cosa rimane di quella stagione meravigliosa? Una serie di immagini di telegiornali che riprendono i ”due grandi” al telefono. Cosa si saranno detti realisticamente, non è dato di sapere. Trapelano solo le prime indiscrezioni sulla tregua concordata di un mese durante la quale dovranno cessare gli attacchi alle centrali elettriche o basi energetiche. Ma quali centrali? Quelle Russe. Perché le Ucraine sono state tutte già bombardate da Mosca. Mentre Kiev da qualche tempo sta “osando” attaccare impianti energetici del nemico, anche in territorio russo. E questo un po’ infastidisce il nostro ex uomo del KGB. Naturalmente non si è minimamente accennato ad una tregua dei bombardamenti criminali sulle città o su ospedali e scuole o quant’altro ospiti civili impegnati in attività di lavoro. E, nel frattempo, si chiede anche a Trump di sospendere la fornitura di armi e munizioni agli Ucraini. Tanto per garantirsi azioni di guerra indisturbate contro un Paese aggredito e ormai impossibilitato a continuare a combattere contro l’Orso Russo, rinforzato anche da truppe fresche della Corea del Nord.
Quale strategia persegue dunque il nuovo Presidente Statunitense? Quali condizioni capestro si stanno ipotizzando o proponendo per questa Nazione che nel frattempo continua inarrestabile la sua guerra di difesa della Sovranità e della libertà del proprio popolo?
Al momento anche questo rimane una incognita.
L’unica cosa certa è che in questo colloquio telefonico tra Trump e Putin si sia parlato abbondantemente di “terre rare” e di come assicurarsele vicendevolmente. Le cosiddette terre rare non sono altro che risorse minerarie estratte dal sottosuolo di vaste zone interne dell’Ucraina. Materiali molto difficili da reperire e che, al contrario, sono abbondantemente presenti nella regione del Donbass, come comprova l’interesse di Putin in questa guerra per l’annessione alla Russia della regione ucraina di confine.
I minerali contesi risultano essere oltre un centinaio (titanio, Litio, berillio, manganese, nichel, rame, gallio, grafite, europio, cerio, lutezio, uranio, zirconio e per finire l’oro. Tutti materiali necessari all’industria aerospaziale, dell’elettronica, e nucleare.) e sono distribuiti in oltre ventimila giacimenti distribuiti prevalentemente nelle aree montuose orientali del territorio ucraino.
Se queste importantissime risorse naturali dovessero costituire l’unico interesse delle due potenze mondiali ora impegnate in un nuovo tentativo di dialogo per fermare la guerra nel cuore dell’Europa, sarebbe molto grave, riduttivo e anche piuttosto squallido. Significherebbe che solo l’interesse per quelle risorse naturali strategiche avrebbe mosso l’azione di Trump. Con Putin allegramente in attesa di eventi.
Se invece si vuole per davvero scrivere una pagina fondamentale della storia dell’umanità, occorrerà che il Presidente Trump si convinca che da Putin occorra necessariamente ricevere garanzie tangibili per un futuro autenticamente di pace per l’Europa orientale. Occorrerà riconoscere all’Ucraina la sua integrità e la sua Sovranità e, soprattutto, che qualunque sia la proposta complessiva per addivenire ad un cessate il fuoco definitivo tra i due belligeranti, questa proposta sia condivisa ed accettata formalmente e in primis dall’Ucraina, paese notoriamente attaccato e invaso proditoriamente. Evitando mortificazioni e delegittimazioni per un popolo eroico che ha contrastato un esercito paurosamente più attrezzato e armato. Una Russia che si è avvalsa del supporto di alleati compiacenti come la Bielorussa o altri come la Corea del Nord che ha inviato truppe di terra sul territorio ucraino o dell’Iran che ha fornito dai primi giorni di guerra droni per il bombardamento delle città e dei civili ucraini.
Se Trump desidera essere ricordato per aver riportato la pace nel cuore dell’Europa e magari concorrere per conquistare l’ambito premio Nobel per la Pace, occorrerà cacciare gli artigli, ripristinare quel piglio di combattente che abbiamo conosciuto ed elevato il tono della voce nei confronti dell’ex agente del KBG, per segnalargli che l’Occidente libero e democratico è schierato con l’Ucraina. E non da oggi. E che di questo Occidente fan parte gli Stati Uniti e i Paesi dell’Unione Europea, con Canada e Gran Bretagna. Storicamente uniti nei momenti più complicati e difficili della storia europea e mondiale.
Ogni tentennamento con Putin può essere contro producente. Ogni segnale di divergenza politico-diplomatica con gli alleati occidentali può essere interpretato come segnale di debolezza comune.
Occorre rinsaldare i rapporti con gli alleati storici dell’Europa ed avere una ampia convergenza e unità di intenti dal punto di vista politico-diplomatico in questa battaglia dei nervi con il dittatore russo. E Trump con il sostegno degli alleati può raggiungere più facilmente gli obiettivi che si è imposto.