Nel 2023 il valore delle esportazioni italiane ha superato quello della Corea del Sud, tanto da collocare la nostra nazione al quinto posto assoluto nel mondo in questa graduatoria. Il Direttore e Vice Presidente della Fondazione Edison, Marco Fortis, ha fornito interessanti anticipazioni dell’indagine condotta dall’organismo, in collaborazi0one con il Cranec dell’Università Cattolica, sui settori di maggiore specializzazione internazionale del Made in Italy. Sono questi a fare la differenza, valgono ben 408 miliardi di dollari, il 60% del totale nazionale, consentendo un saldo attivo per la bilancia commerciale di 206 miliardi.
Chi pensa che il Made in Italy sia legato ad attività vetuste, a scarso valore aggiunto, lontane dall’evoluzione tecnologica, sbaglia su tutti i fronti. Comparti come la moda o l’alimentare sono ancora trainanti per le economie del pianeta, e qui l’Italia, grazie all’industriosità e alla creatività dei suoi imprenditori, realizza primati dopo primati. Ma la sfida del Made in Italy viene vinta anche nella farmaceutica e nella chimica, nella meccanica e nei prodotti in metallo, nella costruzione di mezzi di trasporto, dalle moto sportive agli aerei.
È proprio la straordinaria versatilità delle nostre imprese che ha permesso all’Italia di ottenere un risultato sbalorditivo. Dal 2012 al 2022, la quota delle esportazioni nazionale rispetto a quella totale è rimasta tale e quale: 2,7%. Si tratta di una autentica performance, perché in quel decennio la Cina si è ‘mangiata’ una fetta delle vendite complessive fuori confine pari al 3,4%, facendo indietreggiare tutte le economie del G7, tranne una: Germania da 7,7 a 6,8%, Francia da 3 a 2,5%, Regno Unito da 2,6 a 2,1%, Giappone da 4,3 a 3%, Stati Uniti da 8,4 a 8,3%, Canada da 2,5 a 2,4%.
I successi dell’Italia non escludono ovviamente la necessità che non si punti con decisione alle ultime frontiere dell’innovazione, come ad esempio l’intelligenza artificiale generativa, che sta già rivoluzionando i settori dove viene applicata, facendo crescere esponenzialmente la produttività. Ma ciò non significa sottovalutare l’importanza di un Made in Italy e di un manifatturiero nazionale che va anzi preservato come un valore assoluto per la Penisola.
In tal senso vanno contrastati con vigore fenomeni come l’Italian Sounding, l’imitazione all’estero di prodotti italiani, che (dati The European House Ambrosetti) sottrae alle casse nazionali la bella cifra di 91 miliardi di euro.