A Napoli la domanda di lavoro è ancora insufficiente rispetto all’offerta, ma per i tassi di occupazione bassi concorrono anche altre cause. Un esempio è offerto dai recenti dati sulle iscrizioni dei bambini del capoluogo agli asili nido e alle scuole dell’infanzia. Complessivamente i bimbi iscritti sono stati 4.932, ma la richiesta era molto superiore. Per mancanza di posti nell’ambito del Comune di Napoli, non sono stati infatti ammessi ben 1.354 bimbi. Lo stesso Assessore all’Istruzione e alle Famiglie, Maura Striano, ha ammesso che la percentuale di posti offerti rispetto al totale dei bimbi sotto i tre anni è di appena il 10%, ben lontano dall’obiettivo europeo fissato al 33% a Barcellona, lontanissimo dal nuovo obiettivo del 45% stabilito nel febbraio 2021 dal Consiglio Ue. Striano, tuttavia, assicura che presto le cose dovrebbero migliorare notevolmente, con una offerta aggiuntiva di 850 posti, grazie ai fondi Pnrr. Si tratta di una notizia confortante, ma si dovrà fare molto di più. Bastano due calcoli per capire che, anche con l’ampliamento dell’offerta non si riuscirà neppure a sfiorare il target meno ambizioso, quello del 33%. Ed è presumibile che la domanda di iscrizioni sarebbe ancora maggiore, se non fosse frenata dalla consapevolezza della scarsità di posti offerti. Ci sono famiglie che non ci provano neppure. Si tratta sempre di numeri relativamente contenuti, ma è comunque innegabile che qualche migliaio di genitori, in stragrande maggioranza donne, sono oggettivamente esclusi o quanto meno penalizzati nella ricerca di un lavoro dalla mancanza di strutture adeguate per i figli piccoli. Occorre quindi, impegnando le risorse  necessarie, a ogni livello istituzionale, fare in modo che questo fondamentale diritto di cittadinanza, dato dai servizi per l’infanzia, non continui come nei decenni passati a far segnare l’ennesimo divario Nord-Sud. Il tasso di occupazione a Napoli città, come ricordato nel primo Rapporto dell’Osservatorio Società ed Economia del Comune, calcolato con riferimento alla popolazione tra i 15 e i 64 anni, è appena del 41%, “il più basso tra quelli osservati per le più popolose città del Paese”. Dei circa 255 mila occupati cittadini, appena il 36% è rappresentato da donne, anche qui la più bassa percentuale tra i principali centri italiani. Facciamo il possibile per superare questi record negativi. Ve ne sono le potenzialità, purché, dal Governo al Comune, si prosegua nella proficua collaborazione da qualche tempo attivata.