Nelle sue prime Considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta non si è soffermato sulle elezioni europee, ma, indirettamente, dati alla mano, ha chiarito perché sono importanti. 

Nel 1996 gli Stati Ue, nel loro complesso, generavano il 26% del pil complessivo mondiale, rappresentano la prima economia del pianeta. Attualmente quella quota è precipitata al 18%, l’’Europa è stata superata dagli Stati Uniti e sta per perdere anche il secondo posto, a vantaggio della Cina.

Vi è quindi un problema di produttività da rilanciare, che richiede maggiore compattezza della Ue, a cominciare da una politica di bilancio comune. Per effettuare gli investimenti necessari per modernizzare l’economia, governare l’evoluzione tecnologica e incrementare la competitività, in tal senso, bisognerebbe dunque anche utilizzare lo strumento del debito europeo, un titolo pubblico privo di rischi perché coperto dalla garanzia dell’Unione e non di singoli Stati.

Ma, al di là di questo aspetto rilevantissimo, occorre anche una politica europea che non si basi solo su produzioni normative vincolanti e penalizzanti rispetto al resto del mondo, sia che si affronti il climate change, sia che si adottino misure per governare la rivoluzione tecnologica in atto con l’Intelligenza Artificiale. Serve, al contrario, promuovere politiche industriali che contemperino sostenibilità ambientale, economico finanziaria e sociale, oltre naturalmente a prevenire rischi di un utilizzo sconsiderato della Ia.

Panetta non ha mancato di sottolineare che il problema italiano, sempre in ordine alla produttività, è ancora più grave di quello europeo. Dal 1996 ai nostri tempi, infatti, il Pil italiano è scivolato dal 16,8% al 12,8% di quello europeo. Insomma, in un’Europa che perdeva colpi, noi abbiamo fatto di peggio. Con risultati negativi anche per i salari. I redditi orari dei dipendenti sono inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania, il reddito reale delle famiglie è rimasto quello del 2000, mentre in Francia e in Germania è aumentato di oltre un quinto.

Il Governatore della Banca d’Italia ha tuttavia ricordato anche che dal 2019 al 2023 l’Italia è cresciuta più del resto d’Europa e, che in questo scenario, il Mezzogiorno ha fornito un contributo importante. E che la questione del ritardo economico del Sud è ineludibile per la politica economica nazionale. Senza il Mezzogiorno, insomma, non ci sono prospettive di una ripresa strutturale per l’Italia.