E’ proprio il caso di dirlo: Beppe Grillo è come quei padri costretti a vivere all’ombra dell’ingratitudine dei figli. Questa è l’unica analisi che calza alla perfezione con le circostanze politiche e personali di questi ultimi tempi. Lo stesso Grillo, fondatore e cuore del Movimento 5 Stelle, giova sempre ricordarlo, si è espresso in maniera sublime nei confronti della situazione: “Sono dei francescani diventati gesuiti”. A chi si stesse riferendo appare chiaro, palese e lampante basta seguire la cronaca. Con tutte le luci e tutte le ombre del caso, Beppe Grillo è e resta l’anima del movimento che non a caso assunse anche la dicitura di “grillini” quando si parlava di loro. Ma, come si sa, l’ingratitudine è uno degli scotti della politica, forse il più amaro, quello più difficile da mandare giù, specie se arriva da chi da un umilissimo studio legale romano è stato traghettato a Palazzo Chigi e poi al timone di un movimento totalmente estraneo a un certo ‘modus’, almeno all’inizio. A Grillo, intanto, che dall’Assemblea esce estromesso definitivamente, non resta che mandare a dire: Tu quoque, Giuseppi, fili mi!