Nel 1968, chi scrive era un diligente studentello di Scuola Media con una forte passione per le materie letterarie. Uno degli argomenti da me preferito era certamente l’Epica, con gli affascinanti racconti di Omero e dei suoi eroi greci. Ma lo studio sui libri fu reso ancor più vivo e palpitante grazie alla RAI, che proprio nella primavera del 68, mandò in onda uno sceneggiato televisivo di grande effetto che appassionò  non poco i telespettatori italiani. Il primo “Kolossal” televisivo della TV pubblica, tra l’altro prodotto per la prima volta in Italia a colori. Un lavoro avvincente, supportato da una sceneggiatura molto brillante, che in otto puntate seppe magistralmente “raccontare” le peripezie di Ulisse nel Mediterraneo, di ritorno dalla guerra di Troia. E, a margine degli accadimenti di guerra, le sfide epiche tra guerrieri delle due fazioni, ecco spuntare la storia sofferta di una donna risoluta e dignitosa, interpretata nello sceneggiato dall’attrice greca Irene Papas. Questa donna era Penelope, moglie di Ulisse, che attese il rientro ad Itaca del suo compagno per vent’anni (dieci anni di guerra e dieci anni di peregrinazioni di Ulisse nel mare nostrum, per l’appunto …… l’Odissea !). Una donna fedele e innamorata che seppe sopportare le lusinghe e il corteggiamento di nobili guerrieri, i Proci, che desideravano sposarla in assenza del suo sposo Ulisse, Re di Itaca. Penelope ostacolò in ogni modo le pressioni dei suoi pretendenti inventandosi le più disparate motivazioni per evitare un matrimonio non gradito. E lo stratagemma più originale ed efficace che riuscì a mettere in campo per tacitare  i suoi corteggiatori, fu quello della tessitura di un lenzuolo funebre (la tela di Penelope) per il vecchio Laerte, padre di Ulisse, che viveva a corte insieme alla nuora e al piccolo Telemaco, figlio del Re di Itaca. Al mattino Penelope tesseva la sua tela, lasciando che i pretendenti osservassero il suo lavoro. La notte nella sua camera da letto, lontana da sguardi indiscreti ed interessati, sfilava la tela per evitare di completare il sudario e, come previsto, convolare a nozze con un prescelto della famiglia dei nobili Proci che avevano occupato il suo palazzo militarmente, profittando dell’assenza così prolungata di Ulisse. La fine della storia appassionante dell’Odissea vogliamo proprio risparmiarvela, essendo certi che sia ben nota ad adulti e ragazzi. Ciò che piuttosto ci preme di evidenziare é la similitudine di atteggiamento o, se volete, di “strategia politica” della nostra Penelope con un’altra “eroina” contemporanea che risponde al nome del Magistrato della Procura di Catania, dr. Iolanda Apostolico, che è balzata agli “onori” della cronaca per la sua palese contrapposizione alla Legge approvata dal Governo Meloni per il contenimento dei flussi di immigrazione clandestina sul territorio Italiano. Si tratta del cosiddetto “Decreto Legge Cutro” D.L. 20/2023 che estende l’art. 28 bis del d.lgs. 25/2008. Ebbene, il Magistrato Catanese, con proprio provvedimento del 29 Settembre scorso, ha ritenuto di disapplicare la norma di Legge dello Stato, considerando la medesima in contrasto con la disciplina Comunitaria. Il che non risulta assolutamente, stante l’armonioso e preventivamente concordato dettato legislativo con le Autorità Comunitarie in tema di contrasto alla immigrazione clandestina. Il risultato della sua decisione non si é fatto attendere e così tre immigrati clandestini individuati dal Prefetto di Ragusa come soggetti privi di documenti di identità o passaporto e inviati al centro CPR di Pozzallo per l’identificazione e conseguente adozione di provvedimento di rimpatrio o, in alternativa e in presenza di taluni specifici elementi previsti dalla norma, del rilascio di permesso di Asilo in Italia, si sono dileguati appena rilasciati dal CPR  (Centri di Permanenza per il rimpatrio) di Pozzallo.

Ma non basta. Nei giorni successivi altri 4 immigrati senza documenti, inviati al CPR di Pozzallo per le medesime procedure di identificazione e valutazione dei motivi addotti per l’eventuale rilascio del permesso d’Asilo in Italia, venivano rilasciati dallo stesso Giudice Apostolico con le medesime argomentazioni già espresse precedentemente. E, come sopra, si sono prontamente dati alla macchia. Nella giornata odierna (13 Ottobre)  una notizia pervenuta dalla Sicilia, ci informa che ancora 6 immigrati clandestini inviati sempre dal Prefetto di Ragusa presso il CPR di Pozzallo sono stati rilasciati, questa volta in virtù di un Decreto emesso da un altro Giudice del Tribunale di Catania, il Dr. Rosario Annibale Cupri della medesima Sezione del Giudice Iolanda Apostolico.

Una sorta di accanimento e di contrapposizione al Governo in carica che non trova precedenti nella storia repubblicana. Un nuovo tentativo fin troppo palese di politicizzazione della Magistratura che ostacola e si oppone alle iniziative politico-amministrative e legislative dell’Esecutivo, con il solo scopo di creare un malessere latente nel Paese per presunte e immaginarie iniziative illiberali del Governo nei confronti degli immigrati clandestini. Con ciò dimenticando che é preciso dovere del Governo porre un freno alla immigrazione clandestina, ai morti in mare, agli introiti criminali del “nuovo schiavismo” imposto dai trafficanti di uomini e scafisti di professione. Un Paese invaso da una moltitudine di extra comunitari non identificati, dediti alle peggiori attività criminali e ad atti di violenza gratuita a danno di nostri connazionali e non soltanto. Una “escalation” fortemente preoccupante che pare non interessare affatto questi “uomini e donne di Legge” che, al contrario, rallentano (o ci provano!) per non dire vanificano i provvedimenti governativi per regolamentare efficacemente una materia e un fenomeno ormai fuori controllo per anni di strafottenza e di connivenza dell’universo mondo delle sinistre con la “causa” dell’immigrazione clandestina.

E’ il gioco della tela di Penelope aggiornato ed adeguato alla nuova realtà politica che si traduce nel tentare di “sfilare” nel silenzio dei palazzi di giustizia(?) la tela che il governo tesse ogni giorno con la sua azione determinata e incessante contro la criminalità. Basti pensare alle piazze di spaccio di Caivano e in tutta Italia che sono letteralmente saltate. Agli arresti quasi giornalieri di criminali dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti dal nord Italia al profondo sud, passando per le grandi città ove questi fenomeni sono più frequenti e la criminalità più feroce. Ma nel frattempo il tentativo di tutta la sinistra nostrana di beatificare la “nostra” magistrata catanese e i suoi colleghi di quella Procura è “naufragato” anch’esso a causa di un imprevisto non calcolato: la diffusione dei video amatoriali che riprendono la Apostolico mentre protesta in una manifestazione dell’ultra sinistra e centri sociali il 25 agosto 2018 contro il Ministro Salvini e le forze dell’ordine. Tanto per le scelte compiute nel tentativo di arginare i flussi di migranti dall’Africa. Basta seguire quelle poche immagini per comprendere fino in fondo le autentiche finalità politiche di questi Magistrati e la loro contiguità con certi ambienti della sinistra radicale, dei centri sociali e non soltanto. Tutti uniti nello sforzo, a dire il vero sempre più isolato e marginale, di rimescolare le carte e imbrogliarle con arte sopraffina, da par loro, per mettere in crisi il governo. Sostenuti in questa “missione” da una stampa ai limiti del sopportabile e del senso comune della decenza.

Purtroppo nel nostro Paese questi espedienti ipocriti, volgari e antidemocratici sono sempre di moda. E vengono attuati quando non esistono politicamente le condizioni per mutare assetto istituzionale. Lo stillicidio giornaliero di stampa e televisione, capitanato da una magistratura apertamente politicizzata e fortemente schierata, riescono a “fare breccia” nel tessuto troppo spesso molle della opinione pubblica nostrana. Occorre pertanto vigilare. Sempre. Avere fermezza e consapevolezza che le manovre di palazzo vanno contestate e contrastate efficacemente con la presenza attiva degli uomini liberi. Nelle piazze come nei luoghi di lavoro. Ovunque si reputi necessario difendere la nostra libertà e con essa, la nostra Nazione.