E’ stata una campagna elettorale molto in sordina. Come se la posta in palio non interessasse, tutto sommato, nessuno. Il solo PD, nello schieramento progressista, si é impegnato moltissimo a partire dai suoi vertici nazionali. E mi pare fosse doveroso, dovendo confermare la Regione Emilia Romagna e magari strappare alla destra la Regione Umbria. Impegno sul quale Edy Schlein e tutto il PD si sono spesi molto per affermare la loro “leadership” nella guida e nel controllo della coalizione di Centrosinistra e porre le basi per auspicati e futuri successi elettorali, a partire dalle elezioni regionali in programma nel prossimo anno.
Tutto questo accadeva mentre proprio dai più accreditati partners del PD, quel Movimento 5 Stelle alle prese con un possibile rimescolamento delle carte della propria linea politica, con Conte e Grillo ai ferri corti e il futuro di questa contesa incerto, la debacle elettorale degli ex grillini era compiuta. E l’elettorato di sinistra lo ha ben compreso, forse non gradito o accettato, ma fatto sta che ha riversato i voti dei 5 Stelle sul vascello più sicuro (in termini di riconoscibilità del messaggio politico) del Partito Democratico.
Una sorta di travaso di voti in stile “vasi comunicanti” che ha fortemente premiato il PD e, contestualmente, svuotato i 5 Stelle, che raccolgono solo il 3,55% dei consensi in Emilia e il 4,71 in Umbria.(alle ultime elezioni Europee di Giugno i 5 Stelle erano al 9%). Non parliamo dei dati delle precedenti elezioni regionali perché saremmo troppo impietosi con il Movimento politico guidato da Conte (e non si sa fino a quando).
Poco da dire su quei gruppi politici che un tempo venivano definiti “cespugli”. Sostanzialmente tutti fermi sotto il 5% tanto in Emilia quanto in Umbria, comprese le numerose liste civiche presentate a sostegno dei candidati di centro sinistra. Ed anche questo é certamente un elemento di vivacità e di offerta politica e programmatica più articolata e convincente del PD rispetto ai suoi alleati: dal rilancio della sanità, alle battaglie per l’ambiente con la tutela del territorio devastato dalle alluvioni, alla forte opposizione sulla Autonomia Differenziata e quant’altro utilizzato in campagna elettorale come tematiche “ariete” contro il Governo.

Passando allo schieramento di centro destra, può esser detto, senza timori di smentite, che il risultato della coalizione sia stata sostanzialmente deludente in quest’ultima tornata elettorale dell’anno 2024.
E se per la Regione Emilia Romagna, per la sua “storia elettorale” e per la forte connotazione politica di quel territorio il risultato poteva essere ampiamente prevedibile e dunque scontato, rimane l’amaro in bocca di aver perso una regione amministrata negli ultimi 5 anni dal Centrodestra in maniera piuttosto spiacevole e senza appello. Il che, piaccia o non piaccia ai partiti di governo, richiede necessariamente una seria e immediata riflessione sui motivi di questa sconfitta, ponendo senza indugi i necessari interrogativi e avanzati correttivi in corso d’opera, per non ripetere gli stessi errori nelle prossime competizioni elettorali del 2025. Elezioni amministrative ove andranno al voto regioni importantissime e strategiche come la Campania, Veneto, Toscana, Puglia, Marche, e Valle d’Aosta. Un appuntamento elettorale da far tremare i polsi e che vedrà il cento destra impegnato , in primis, nel “difendere” le Marche e il Veneto già governate da Presidenti di Centrodestra. E nella sfida non facile di strappare alla Schlein regioni divenute baluardi delle sinistre come Puglia, Campania e Toscana.
Tornando alle ragioni della battuta d’arresto elettorale della Premier Meloni e dei suoi alleati e sottolineato non senza preoccupazione che il vero vincitore di queste elezioni sia ancora una volta il fenomeno sempre crescente dell’astensionismo (ha votato domenica e lunedi un elettore su due, a dimostrazione del distacco dei partiti dalle tematiche di maggior interesse degli italiani), dobbiamo dire che é fortemente mancato il collante necessario e la indispensabile collaborazione tra i partiti del Centrodestra, più ancora, é mancata la capacità di coinvolgere l’elettorato in programmi condivisi e di alto profilo che fungessero da volano e da impulso per un elettorato che si infiamma sulle iniziative politiche concrete, visibili, di respiro lungo ed efficace. Come si é verificato in occasione degli interventi di riqualificazione del “Parco Verde” di Caivano, ove il consenso al Governo ha raggiunto livelli da record su tutto il territorio nazionale. Tanto per la risolutezza, la tempestività e la qualità degli interventi e delle iniziative messe in campo in così poco tempo, e così tanto efficaci.
E allora cosa può coinvolgere con passione e convinzione l’elettorato di Centro Destra? Su quali temi bisogna impegnarsi con particolare impegno e determinazione? A nostro avviso, il primo obiettivo da mettere in campo immediatamente é un serio e vasto programma di edilizia popolare per le grandi città e per i piccoli comuni con particolare disagio abitativo. Le giovani coppie, i nuclei familiari con a carico soggetti diversamente abili, le categorie degli sfrattati e i senza tetto storici, sono soggetti che riempiono di sofferenza ogni realtà urbana e non soltanto. Occuparsi di queste categorie, ma in genere di quei lavoratori che vanno sostenuti con l’assegnazione di quel “bene primario” indispensabile per una famiglia rappresentato da un tetto sicuro e a costi contenuti, costituisce, tra l’altro, un moltiplicatore economico assolutamente non trascurabile per l’economia del Paese. Come dimostrato ampiamente già negli anni trenta e poi negli anni 60 del secolo scorso con il cosiddetto Piano Fanfani. Ricorderete che quel grande progetto di edilizia residenziale pubblica fu attuato non soltanto dagli Istituti Autonomi delle Case Popolari di ogni provincia italiana, ma fu necessario costituire altri soggetti e altri Enti come la Gescal, l’Ina Casa, l’Inaric ed altri ancora, che coadiuvassero e implementassero gli innumerevoli progetti di edificazione pubblica per le famiglie dei lavoratori italiani che venivano fuori dagli anni della guerra con i bombardamenti delle città e la distruzione di gran parte del patrimonio edilizio pubblico e privato. Piano Fanfani che fu uno dei protagonisti di quel miracolo economico che l’Italia visse sul finire degli anni 50 e gli anni 60.
Una materia, questa dell’edilizia pubblica che, trasferita alle competenze delle Regioni con la Riforma del Titolo 5° della Costituzione dai Governi di Centro Sinistra, si é completamente dissolta lasciando gli Enti dell’ERP in balia del disinteresse e dell’oblio dei Consigli di Amministrazione che hanno dimenticato la funzione storico-sociale degli Enti; dimenticato come si costruiscono le case popolari, occupandosi solo, nella migliore delle ipotesi, di gestione degli affitti; qualche manutenzione degli immobili così, di tanto in tanto e tanta gestione personalistica degli addetti. E le case rimangono chiuse, non assegnate, occupate, vandalizzate e non riammesse nel circuito legale e virtuoso delle nuove assegnazioni agli aventi diritto. Eppure di soldi e anche tanti ci sono. Ma sono tutti lì nelle casse di molti Enti dell’ERP (edilizia residenziale pubblica) colpevolmente inutilizzati.
Questa é una strada da percorrere e nell’immediato, per un governo che ha a cuore il futuro del nostro Paese e il benessere della popolazione in maggiore difficoltà. Un Governo che deve comprendere fino in fondo cosa potrebbe rappresentare per il nostro Paese, in termini economici, l’attuazione di un “Piano Casa” degno delle migliori tradizioni sociali e assistenziali di cui l’Italia é stata sempre protagonista. Rimettere in sesto le abitazioni “dimenticate” dagli Enti, iniziare la costruzione di nuove abitazioni dove il disagio abitativo é più forte ed avvertito, restituire speranza e fiducia nello Stato per la popolazione più debole, sono temi che infiammerebbero senza alcun dubbio l’elettorato di Centro Destra, come nei primi mesi entusiasmanti del Governo Meloni. Preparando il Centro Destra, con un programma siffatto, a governare le Regioni in elezione nel 2025 e preparandosi adeguatamente a governare il Paese ancora a lungo.