L’effetto Pnrr comincia a farsi sentire, anche se per il Mezzogiorno conteranno soprattutto i prossimi anni. Una elaborazione recente di Svimez su dati Anac (l’Autorità anticorruzione) mette in evidenza come nel 2023 gli importi delle procedure di gara per opere pubbliche bandite dagli enti locali siano cresciuti del 37% al Sud, rispetto all’anno precedente. Un incremento superiore a quello (25%) registrato al Nord. L’incidenza del Pnrr su questo risultato è documentata dalle cifre: mentre per il totale Italia la quota degli importi delle procedure di gara avviate dagli enti territoriali finanziati, in tutto o in parte, con il Pnrr, è stata pari al 42%, nel Mezzogiorno ha raggiunto il 58% (circa 7 miliardi su 12 complessivi).

La tendenza espressa nel 2023 induce a ben sperare, anche perché gli anni della maggiore spesa prevista per il Pnrr dovrebbero essere proprio i prossimi, quelli che separano dalla deadline per il completamento delle opere finanziate, fissata al 2026.

Secondo la Svimez il Sud, ciò malgrado, non riuscirà a ridurre il divario con il resto del Paese. Se si riuscirà a ottimizzare la spesa Pnrr, la sua crescita dovrebbe essere dello 0,50% quest’anno (Centro-Nord 0,60%), dello 0,80% nel 2025 (Centro-Nord 1,20%).

Sarà in ogni caso importante che le risorse globali disponibili, tra Pnrr e fondi europei, siano bene utilizzate. A tal fine, il Governo e le istituzioni territoriali dovranno saper dialogare costruttivamente per potenziare le strutture chiamate a gestire materialmente gli appalti per le opere pubbliche. 

Un’attenzione che deve andare oltre la partita Pnrr, anche perché con la revisione del Piano circa 12 miliardi sono stati destinati alle imprese, tagliando risorse per investimenti infrastrutturali per lo più destinati al Sud, rimodulati su altre fonti di spesa, come per l’appunto i Fondi Ue. Il che pone due questioni: assicurare che venga mantenuta la riserva del 40% per il Mezzogiorno stabilita per il Pnrr e curare che le opere depennate dal Pnrr siano effettivamente eseguite in tempi ragionevolmente rapidi, pur se più lunghi di quelli originari (di fatto, entro il 2029 anziché il 2026).

È fondamentale che questi traguardi vengano raggiunti. Ne va della pace sociale di una nazione ricca di grandi potenzialità e che sta reggendo meglio di altre alla sfida dei tempi. Per evitare che la spinta si esaurisca, anzi per far sì che sia maggiore nei prossimi anni, occorre fare del Mezzogiorno un’area strategica per le politiche di sviluppo economico nazionale.