Marciano a ritmi superiori al resto del Paese. Secondo il rapporto “I fattori di competitività delle medie imprese del Mezzogiorno: il ruolo dei capitali strategici”, curato dall’Area Studi di Mediobanca e dall’Istituto Tagliacarne (Unioncamere), nel Sud c’è un fenomeno da tenere sotto stretta osservazione. Nel decennio 2021-2021 la crescita del fatturato delle medie imprese è stata del 44,4%, contro il 40% registrato nel resto del Paese. L’aumento della produttività segna +33,1%, a fronte di un +31%. La competitività, soprattutto, è aumentata del 29,6%, rispetto al 15,3% del resto del Paese. 

Questi risultati sono stati conseguiti malgrado una tassazione più elevata che nel Centro-Nord: 32,7%, contro 29,9%. Un differenziale dovuto, per lo più, alle addizionali Irap, e che non va affatto trascurato: a parità di condizione, le medie imprese meridionali nel decennio 2012-2021 avrebbero potuto disporre di 200 milioni in più. Nel 2022, poi, l’export delle medie imprese targate Sud è balzato avanti di 10,2% in termini reali, sei volte più di quanto accaduto altrove in Italia (+1,7%). A spiegare l’exploit complessivo del Sud c’è la differente crescita del costo del lavoro pro capite: 2,7%, contro 13,6% nei dieci anni considerati.

Altre stime del rapporto sono da verificare col tempo, come quelle sui programmi di investimento nel prossimo futuro. Le medie imprese meridionali appaiono più dinamiche, più coraggiose, più propense ad affrontare con risorse adeguate le transizioni ecologica e digitale.

Il problema è che le medie imprese del Mezzogiorno sono poche: appena 361, rispetto alle 3.299 del resto del Paese: circa il 10%, in un Sud che è circa un terzo dell’Italia. Ma anche qui, il trend si mostra molto interessante. Nel 1996 erano 213, rispetto a 3165, significa che nel Sud sono aumentate di quasi il 70%, tanto che l’incidenza sul totale è balzata dal 6,3 al 9,8%.

Considerato che già attualmente le medie imprese del Sud, concentrate soprattutto nei settori meccanico, alimentare e chimico-farmaceutico, rappresentano il 12,6% del valore aggiunto manifatturiero del Mezzogiorno, c’è da auspicare politiche che sostengano il fenomeno, stimolando la crescita di micro e piccole imprese meridionali verso una dimensione che consenta loro di essere più strutturate e competitive. Servono politiche fiscali meno rigorose e penalizzanti per le medie imprese del Sud, così come strumenti che agevolino le aggregazioni e i network, incrementando le opportunità di business e quindi contribuendo indirettamente anche alla crescita dimensionale delle realtà produttive.