C’è una sottolineatura fatta da Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria alla sua ultima Assemblea, che non può non essere condivisa. Le risorse del superbonus del 110 per 100, che stanno creando problemi su problemi all’attuale Governo in vista della manovra di fine anno, avrebbero potuto essere molto meglio impiegate, a vantaggio delle imprese e del lavoro. Si fa fatica a trovare i soldi per continuare a tenere in vigore il taglio corposo del cuneo fiscale deciso da luglio a dicembre del 2023, anche perché si deve fare i conti con la voragine nel bilancio pubblico, causata dall’incentivo introdotto anni fa per ammodernare e rendere più efficiente sotto il profilo energetico il nostro patrimonio edilizio. A scanso di equivoci, nessuno mette in discussione la bontà dell’obiettivo che si era prefissato il Governo Conte. Fatto sta che si è esagerato, eliminando ogni onere per il privato e mettendo in piedi un meccanismo con troppe falle, che lascia spazio anche a truffatori più o meno improvvisati. Se si doveva procedere a costo zero, a questo punto tanto valeva pensare a una gigantesca operazione statale, con imprese che d’imperio intervenissero, su commessa pubblica e per gli edifici con i requisiti necessari. Avrebbe avuto il sapore di un’economia dirigista, e non è il modello che ci saremmo auspicati, ma, quanto meno, si sarebbe evitata la frittata, nelle dimensioni in cui si è estesa, con oneri all’inizio assolutamente imprevisti dall’incauto legislatore. In un Paese con seri problemi di produttività e di competitività, all’attuale Esecutivo è stata lasciata in eredità un’enorme patata bollente, che, gioco forza, ne restringe i margini di intervento. Ma Giorgia Meloni ha un asso nella manica che, se conferma il coraggio politico finora dimostrato, può farle ribaltare lo scenario. C’è un pil dalla crescita potenziale clamorosa. È quello che può essere attivato nel Mezzogiorno se, finalmente, si restituisce a quest’area quello che più di centosessant’anni di unità d’Italia gli hanno tolto. Da ‘colonia’, mercato di consumo del Centro e soprattutto del Nord, il Sud deve trasformarsi in area strategica per una nuova crescita del Paese, fortemente proiettata verso la valorizzazione della presenza baricentrica della Penisola, e soprattutto del Meridione, in un Mare Mediterraneo tornato al centro dei traffici intercontinentali. Parliamo dunque di zona franca, decontribuzione strutturale per chi opera nel Mezzogiorno, recupero del gap infrastrutturale del Sud. E mettiamo nel cassetto il masochistico progetto dell’autonomia differenziata.