Alla Campania, nel 2022, sono stati assegnati, per effetto della ripartizione effettuata dal fondo nazionale, 60 euro pro capite in meno per ogni cittadino, rispetto a quanto ricevuto mediamente dagli altri italiani. Dopo un ricorso al Tar e una lunga vertenza col Ministero, la Regione ha ottenuto che la differenza nei confronti del resto del Paese si dimezzasse. L’incremento della quota campana è stato conseguito per effetto dell’applicazione di due parametri previsti dalla legge, ma trascurati dai vari Governi che si sono succeduti: la deprivazione sociale della popolazione e l’aspettativa di vita. Era invece stato puntualmente considerato un parametro che penalizza la Campania, quello del minore numero di anziani. Si muore prima, quindi si ha diritto a meno soldi, e non ad averne di più, magari per evitare che il fenomeno continui!
Ma, anche così, la Campania risulta ultima per risorse assegnate per la salute. Nell’ultimo decennio, se ne avesse avute secondo valori medi nazionali, avrebbe incamerato tre miliardi di euro in più, un valore superiore della metà al debito sulla cui base, negli anni scorsi, si decise il commissariamento della sanità regionale.
I conti sono stati messi a posto, ma i Lea, i livelli essenziali di assistenza, pur avendo fatto registrare dei progressi, risentono di uno squilibrio originato dai fondi disponibili. Secondo dati della Ragioneria di Stato, per ogni mille abitanti in Campania ci sono 10,9 dipendenti in ambito sanitario, tra pubblico e privato accreditato. In Emilia-Romagna sono poco meno del doppio, in Veneto 18,2, in Lombardia 15.
Se le armi a disposizione sono inferiori, le guerre non si vincono. In questo senso, è condivisibile il disappunto del Presidente De Luca, dopo che l’Agenas conferma il primato negativo della Campania sotto il profilo del numero di cittadini che usufruiscono di prestazioni in altre regioni. A parte il fatto che il 62% delle migrazioni pare siano formali e non di fatto, trattandosi di residenti in Campania che lavorano nei territori dove si fanno curare, il dato vero è un altro. Mentre si parla a vanvera di Lep, senza neppure definirli e finanziare il superamento del divario esistente nel Sud in questi livelli essenziali di prestazione, anche i Lea (i Lep della sanità), pur definiti, continuano a non essere patrimonio dei cittadini meridionali. In barba ai diritti di cittadinanza. L’auspicio è che l’attuale Esecutivo svolti rispetto al passato e venga incontro alle legittime istanze di una parte del Paese.