di Anna Lepre*

Non è vero che il Sud nel nuovo Governo non abbia un Ministero che possa promuoverne lo sviluppo. Per capirlo basta rifuggire dai nomi e guardare alla sostanza. Il Ministro che può fungere da punto di riferimento per le politiche per il Mezzogiorno, infatti, è Raffaele Fitto. Il suo dicastero ha le deleghe per gli Affari europei, le Politiche di coesione e per il Pnrr. Insomma i cordoni della borsa, se è lecito eccedere in semplificazioni, ce li ha lui. Non certo il Ministro per del Sud e del Mare Nello Musumeci, cui il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affidato competenze diverse, tra cui la Protezione civile e le concessioni balneari. Bisogna fare dunque attenzione per orientarsi su ‘chi’ fa veramente ‘cosa’ all’interno del nuovo Esecutivo, non trascurando neppure i cambiamenti di nome dei vari Ministeri. Ve ne sono alcuni che dovrebbero essere indicatori di una svolta a livello di politiche prossime future. A tal riguardo, appaiono significativi i cambi di denominazione di due dicasteri. Il Ministero della Transizione ecologica è diventato Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, mentre il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile si chiama ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Come si può notare, si tratta più o meno di ritorni a un passato recente, con l’abbandono di un lessico che, con sostantivi quali ‘transizione’ e aggettivi come ‘sostenibile’, indicava direzioni di rotta perentorie che facevano il verso a linee guida dell’Unione europea.  Questo cosa significa? Che Giorgia Meloni vuole prendere le distanze da Bruxelles?  Non necessariamente. Direi piuttosto che si intende evitare di dare a obiettivi, che pure si continuano a perseguire, delle connotazioni ideologiche. Per capirci: transizione ecologica dà l’idea di una svolta epocale e indifferibile, mentre il riferimento ad ambiente e sicurezza energetica punta pragmaticamente a orientare verso traguardi concreti, più che richiamare nuovi modelli culturali. Stessa cosa può dirsi della rinuncia a un’espressione come mobilità sostenibile. Non vuol dire certamente snobbare la necessità di conciliare la realizzazione e la gestione di infrastrutture e viabilità con la diminuzione di emissioni di CO2 o di altre forme di inquinamento. Equivale se mai a disgiungere la politica generale da richiami puntuali e monocordi alla bandiera della sostenibilità, anche laddove la sostanza degli interventi o la loro tempistica lo sconsiglino. Importante è centrare lo scopo, le strade per raggiungerlo possono essere diverse.

* Dottore Commercialista – direttore Centro Studio Studi Lepre Group

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