Ogni anno, ad agosto, profittando del relativo impegno che legittimamente caratterizza anche la vita politica, si moltiplicano idee e proposte, provenienti da ogni fazione, su come spendere le risorse della manovra finanziaria. La torta è immaginaria, non perché le risorse non sussistano, ma perché non sono tali da consentire sperperi e neppure di largheggiare su esigenze pur rispettabili, ma che il buonsenso classificherebbe come secondarie.
Una priorità indiscutibile, a parere di chi scrive, è quella di assicurare un proseguimento nel tempo della riduzione del cuneo fiscale fissata, al momento, fino al termine dell’anno presente. Una misura di contenimento del costo del lavoro, con benefici per le buste paga, che, se resa strutturale, contribuirebbe a consolidare i livelli di competitività del nostro sistema, allontanando i pericoli di recessione, che fortunatamente il Paese finora ha evitato, mentre altri partner europei come la Germania sono già in piena crisi.
È giusto, naturalmente, che il Governo punti ad attuare il suo programma elettorale, sia pure in una prospettiva di legislatura e non limitata a uno o due esercizi di bilancio. È tuttavia vero anche che rispettare alla lettera qualsiasi impegno si sia prefigurato prima del voto costituisce un traguardo utopistico, alla luce di quanto storicamente si può verificare, non solo per l’Italia ma più o meno per qualsiasi altro Paese sviluppato.
Se la politica resta, dunque, l’arte del ‘possibile’ (ma non ‘certo’!), è tuttavia fondamentale, per garantirne la qualità, fare delle scelte strategiche. Con tutto quello che ne deriva, anche in termini di rinvio di altre opzioni connesse a interventi ritenuti meno urgenti e rilevanti.
L’Italia deve crescere puntando sul Mezzogiorno. Solo un impegno costante e duraturo negli anni, per un periodo congruo, può avvicinare le due grandi macroaree del Paese. La convenienza della scelta meridionale sta nel fatto che avvantaggia tutti. Per capirlo, basta ricordare quanto affermò, poco prima della crisi pandemica, il prossimo Governatore della Banca d’Italia (allora Direttore Generale), Fabio Panetta: “Se non riusciremo a portare il Mezzogiorno su un sentiero di crescita robusto, duraturo, non ci potrà essere vero progresso per l’Italia. È un obbligo verso un terzo dei cittadini italiani, cui vanno garantiti servizi adeguati, diritti, opportunità. Ma è anche un problema per tutta l’economia nazionale: un Mezzogiorno stagnante comprime il mercato domestico, a danno anche dell’economia del Centro Nord”.