Nei giorni scorsi sono stati resi noti i contenuti di un Documento strategico per modificare il Piano regolatore di Napoli, approvato dalla Giunta di Palazzo San Giacomo.
Il Documento parte dalla consapevolezza acquisita di alcuni importanti segnali di rilancio della città, evidenziatisi negli ultimi anni: la crescita imponente dei flussi turistici, la valorizzazione dell’impresa culturale – dalla letteratura, alla cinematografia, agli stessi serial – la forte spinta verso l’innovazione, con al centro la best practice del Polo universitario di San Giovanni a Teduccio.
Su queste favorevoli premesse si intende fare leva per promuovere ulteriormente le dinamiche di sviluppo avviate. Si pensa, in particolare, di cogliere l’opportunità del crescente interesse da parte degli investitori, anche esterni all’area napoletana e campana, per cambiare normative anacronistiche come, ad esempio, quelle che vincolano certe zone a un utilizzo industriale, di fatto, ormai, non più proponibile. Il Piano regolatore generale, ‘rimesso a nuovo’, darebbe spazio così a occasioni di investimento privato, che potrebbero completamente rigenerare alcune aree urbane.
Perché ciò avvenga, tuttavia, c’è bisogno dell’approvazione definitiva del Consiglio comunale di Napoli.
Per passate esperienze, sappiamo quanto sia tortuoso il percorso che conduce a una modifica del Prg. La trafila, peraltro, può essere più snella se si registra una larga condivisione delle finalità dell’operazione. Al di là dei dettagli, che il buonsenso può aiutare a definire con efficacia, l’approvazione delle varianti al Prg va fatta in tempi rapidi, in nome dell’interesse superiore della collettività, consentendo tra l’altro di sfruttare la possibilità di ricorrere ad agevolazioni consistenti.
Il treno che sta passando, quello di risorse del Pnrr che si sommano a quelle europee del ciclo 2021-2027 e ai fondi nazionali per la coesione, rappresenta un’opportunità che non si ripresenterà.
L’avvenire potrebbe, al contrario, essere caratterizzato da ridimensionamenti dei fondi a disposizione, visto che entreranno nella Ue nuovi Paesi come Ucraina e Moldavia.
Se si vuole puntare a incrementare le potenzialità di crescita che Napoli ha mostrato in questi anni, insomma, c’è bisogno di una svolta, nella direzione di una politica costruttiva, che favorisca lo sviluppo e non continui a bloccare qualsiasi possibilità venga offerta da operatori economici avveduti, centri di ricerca all’avanguardia, normative incentivanti e risorse pubbliche disponibili per affiancare l’investimento privato.