L’agevolazione disposta dal Governo per chi assuma giovani under trenta che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in corsi di formazione (i cosiddetti Neet) è diventata operativa in questi giorni. Il provvedimento voluto dalla Ministra Marina Calderone e inserito nel decreto lavoro ha il merito di andare nella direzione giusta. Bisogna ridimensionare un fenomeno che in Italia ha raggiunto livelli preoccupanti: il 19% dei giovani è Neet, contro una media europea dell’11,7%. La differenza, tuttavia, la fa il Sud, perché nelle regioni del Nord più o meno le percentuali non di discostano dagli standard del resto del Continente. In Campania i Neet sfiorano il mezzo milione, con una incidenza sul totale dei giovani pari al 29,7%. In Sicilia si arriva addirittura al 32,4%. È dunque doveroso che il Governo agisca. E non solo il Governo. Se si guarda infatti a come sono ripartiti gli 85,7 milioni di euro stanziati per l’agevolazione, ci si può, a una prima lettura, meravigliare per il fatto che alla Lombardia (260 mila Neet) vadano 24 milioni contro i 7,5 della Campania. Va considerato tuttavia che sui Neet è intervenuta già la Regione Campania, nell’ambito del programma Gol (Garanzia per l’occupabilità dei lavoratori), ottenendo ingenti risorse tramite il Pnrr.

Per le imprese che assumono Neet è previsto l’abbattimento per un anno del 60% del costo dei contributi, purché il rapporto sia a tempo indeterminato o istituito con contratto di apprendistato professionalizzante. Si tratta di risorse pubbliche ben spese, certamente meglio di quelle fino a ieri destinate con il reddito di cittadinanza anche a persone in grado di lavorare, ma in tal modo assistite per non fare nulla.

Se mai, si può auspicare che il Governo compia qualche ulteriore passo, rendendo più conveniente la formula per micro imprese e botteghe artigianali in prima linea per la creazione di prodotti di alta qualità del made in Italy. Per queste realtà, soprattutto nel Mezzogiorno, manca un adeguato ricambio generazionale. È necessario azzerare i costi dell’apprendistato per un anno e mezzo o due anni, assicurando inoltre un contributo spese a chi deve dedicare tempo ed energie alla formazione di ragazzi alle prime armi e nella fase di apprendimento praticamente improduttivi. 

L’esborso in concreto non si tradurrà in un costo reale per lo Stato, perché consentirà di consolidare un settore con grandi potenzialità ancora non espresse appieno, aumentando pil e quindi base imponibile. A tutto beneficio delle casse pubbliche, oltre che dell’occupazione dei nostri giovani.