Dall’ultimo rapporto Istat sui “livelli di istruzione e i ritorni occupazionali” relativo all’anno 2023, arriva una conferma: la laurea non è un pezzo di carta. Chi raggiunge quel titolo è mediamente più avvantaggiato rispetto a chi si ferma a livelli di istruzione inferiori. Esaminando la fascia di popolazione più interessata dal mondo del lavoro, quella da 25 a 64 anni, si riscontra come il tasso di occupazione dei laureati raggiunga quota 84,3%, undici punti in più dei diplomati (73,3%). Il divario tra laureati e chi ha titoli inferiori al diploma è poi superiore a trenta punti percentuali, il tasso di costoro non supera il 54,1%. Se poi si guarda al segmento degli under 35 che hanno ottenuto un titolo di studio da uno a tre anni prima, le distanze si fanno ancora più ampie: il tasso di occupazione dei laureati è del 75,4%, quello dei diplomati del 59,7%. In questo scenario, purtroppo, il Rapporto Istat offre l’ennesima riprova del ritardo meridionale. Solo il 18,1% della popolazione del Sud tra i 25 e i 64 anni risulta laureata, a fronte di un Centro-Nord che supera abbondantemente il 22%. Soltanto il 39,6% dei meridionali ha un titolo di studio secondario superiore, contro il 45% e oltre del Centro-Nord. C’è dunque bisogno di un forte impegno istituzionale, e della classe dirigente politica in generale, per ridurre le diseguaglianze nell’istruzione, sfruttando risorse fondamentali rese disponibili con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Se Napoli e il Mezzogiorno intendono puntare a diventare un polo dell’innovazione – come fanno auspicare diversi segnali positivi degli ultimi anni – non bastano le strutture, servono profili sempre più qualificati.  Altro discorso si deve fare per quei giovani, e nel Sud sono purtroppo più numerosi anche perché cresciuti in ambienti poco favorevoli per l’istruzione, che non evidenziano particolari attitudini per lo studio. A tale riguardo, va portata avanti una strategia specifica di sostegno all’artigianato e in genere agli antichi mestieri del made in Italy. Investire, anche in questo campo, significa garantire sviluppo economico per la nazione. Non sono molte le risorse da stanziare per sostenere maestri di bottega che possano così formare nuove leve. Lo Stato assicuri un contributo per i giovani apprendisti ed anche per coloro che, per formarli, debbono impiegare del tempo, distogliendolo all’occupazione produttiva. Il ritorno per le casse pubbliche sarà garantito dal consolidamento di settori altrimenti a rischio sopravvivenza e dall’incremento della base imponibile che ne deriverà.