di Anna Lepre*


Un decreto legge atteso per fine gennaio dovrebbe modificare la governance del Pnrr: dai poteri delle Soprintendenze ai tempi delle Conferenze di servizi, dalla procedura di valutazione di impatto ambientale alla inutile duplicazione di alcune autorizzazioni.

È fondamentale che sia elaborato assicurando che l’obiettivo della semplificazione e accelerazione non sia perseguito a scapito della salvaguardia di principi e valori basilari per la nostra società e la nostra cultura. È, comunque, indifferibile.

Più di un terzo dei fondi, pari a circa 66 miliardi, dovrà essere speso dagli enti locali. Una recente indagine dell’Associazione costruttori ci dice che nel Sud la percentuale delle Regioni impegnate nella redazione di progetti definitivi o esecutivi del Piano non supera il 36%, contro il 60% del Nord e il 90% del Centro. Il motivo della differenza è sempre lo stesso: manca il personale, sia in termini quantitativi che qualitativi.

Queste criticità non possono essere superate con le assunzioni nella pubblica amministrazione, che tra l’altro procedono a rilento, anche perché per lo più non previste a tempo indeterminato. Come ha sottolineato il Sindaco di Bari e Presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni Antonio Decaro, è difficile che un ingegnere possa partecipare a selezioni pubbliche nella prospettiva di un impiego triennale, rinunciando a guadagni e opportunità maggiori rinvenibili nel mercato privato. 

Questo complesso di ostacoli deve indurre il Governo a centralizzare il più possibile gli interventi, attrezzando una task force pronta a sostituirsi o ad affiancare in ogni momento e quotidianamente le amministrazioni in difficoltà.

Va tenuto conto che, per il Pnrr, le opere debbono essere tassativamente completate entro il 31 dicembre 2026. Non c’è alternativa possibile, se non quella, fallimentare, di dover restituire gli importi ricevuti e abbandonare l’idea di recuperare almeno in parte i divari territoriali.

A rendere ancora più preoccupante il quadro, contribuisce la considerazione che, tra le infrastrutture da realizzare, figurano anche opere ferroviarie di importi superiori al miliardo, i cui tempi di completamento in genere travalicano quelli imposti per il Pnrr da Bruxelles, anche e soprattutto a causa dell’imprevedibilità correlata alla complessità di tante fasi esecutive.

Al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Raffaele Fitto l’arduo ma prestigioso compito di trasformare l’acqua in vino, ribaltando una situazione tale da configurare la sfida Pnrr come una sorta di mission impossible.

*Direttore Centro Studi Lepre Group

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