Il via libera di Bruxelles all’erogazione della terza rata del Pnrr italiano è un evento importante. Sono stati versati altri 18 miliardi e mezzo, per un totale arrivato a 85,4 miliardi. L’Italia ha ricevuto già il 44% dell’ammontare delle risorse stanziate al Paese in base al Next Generation Eu. È comprensibile che la Premier Meloni rivendichi il risultato, contestando la tesi di chi denunciava gravi ritardi. 

Un plauso al Governo, dunque, ma con inevitabili riserve da parte di chi ha a cuore le sorti del Mezzogiorno. Bisogna infatti accertarsi, alla luce della revisione del Pnrr, in quali direzioni saranno orientati i nuovi interventi e se la riserva del 40% a favore del Sud sarà rispettata. Le vicende del passato invitano alla prudenza: troppe volte soldi destinati al Mezzogiorno sono stati ‘dirottati’ a vantaggio del Nord. 

Naturalmente, non basta la quantità, servirà monitorare con attenzione la qualità della spesa, che deve essere effettivamente in grado di ridurre il divario territoriale. Sotto questo profilo, non possiamo nasconderci dietro un dito. Va riconosciuto che, per responsabilità da imputare all’intera nazione e non solo al Mezzogiorno, la partita dei fondi strutturali, giocata da decenni, si è rivelata finora un fallimento. La loro finalità era di colmare il gap, che invece si è addirittura aggravato in questi ultimi anni.

La causa principale, sottaciuta da chi punta sempre il dito sugli sprechi perpetrati nel Meridione (ci sono stati, sì, ma così come nelle aree ‘forti’ del Paese), è l’uso dei fondi Ue come sostitutivi, anziché aggiuntivi di quelli ordinari.  

Questa prassi perversa non deve continuare. Occorre sfruttare la possibilità di avvalersi di ingenti risorse per colmare almeno in parte le distanze tra Sud e Nord. Guai se questo non avvenisse.

È forte il rischio che, con l’ingresso futuro in Ue di nuovi paesi a cominciare dall’Ucraina, le risorse disponibili per il Mezzogiorno si assottiglino. Se, dunque, non si coglie l’opportunità storica di poter sommare ai fondi Pnrr quelli del Fondo sviluppo coesione e quelli del ciclo Ue 2021-2027, il problema meridionale, non solo non si risolverà, ma è destinato ad aggravarsi. 

Proprio alla luce di questo pericolo, appare sensata la decisione del Ministro per gli Affari europei, il Pnrr, la Coesione territoriale e il Sud, Raffaele Fitto, di assicurare una regia unica per l’impiego delle risorse: è ora che si imprima una svolta storica per la soluzione della questione meridionale.