di Anna Lepre

Tra le critiche fatte alla manovra finanziaria, la più incomprensibile è quella di essersi modellata per buona parte sul lavoro del precedente Governo.

In primo luogo, bisogna tenere conto che, come ha ben chiaro la premier, l’Italia non gioca da sola ma deve rispettare impegni assunti in sede internazionale: dall’alleanza atlantica all’Unione Europea, dalla guerra in Ucraina agli adempimenti necessari per ottenere di volta in volta le tranche da destinare all’attuazione del Pnrr.

C’è poi da fare i conti con la realtà. E questa ci dice che: unico caso in Europa, il pil nei sette trimestri di governo Draghi è sempre cresciuto; anche nel 2022, si sfiorerà il 4%, superando Paesi come Francia e Germania; come ha ricordato l’ex Presidente del Consiglio, l’Italia è l’unica economia continentale ad aver fatto registrare negli ultimi anni un incremento della quota di esportazioni. Anche il tasso di disoccupazione è calato: dal 10,2% di inizio 2021 al 7,8% dello scorso ottobre, con il tasso di occupazione che finalmente ha superato la storica quota 60%.

Giorgia Meloni, da leader politico intelligente e di spessore quale sta dimostrando di essere, ha ritenuto di non buttare all’aria tutto questo, ma se mai di farne una buona base di partenza per raggiungere ulteriori traguardi. Va elogiata dunque, non rimproverata, se su tanti fronti ha deciso di proseguire sul percorso avviato, senza controproducenti soluzioni di continuità.

Non ci lanciamo ad azzardare previsioni, anche alla luce delle sfide indubbiamente ardue che attendono l’Esecutivo, dalle tensioni internazionali ancora in atto all’inflazione tornata a due cifre. Una cosa, tuttavia, si può affermare: il Presidente del Consiglio ha idee confortanti sulle strategie di rilancio prossimo futuro dell’economia, a partire dal Mezzogiorno. Lo dimostra il proponimento di fare dell’Italia un hub di smistamento delle nuove fonti energetiche acquisite in tutta l’Europa, superando definitivamente la dipendenza da Paesi come la Russia. Una strategia che, se attuata con coerenza, farebbe del Mediterraneo e quindi del nostro Mezzogiorno la sede privilegiata della nuova crescita, con un forte incremento degli insediamenti produttivi e dell’occupazione. Si tratterebbe, anche qui, di dare impulso a quanto di buono è già stato fatto, visto che è stata proprio l’Italia a operare meglio di altri, definendo intese per procacciarsi nuova energia dopo l’inizio del conflitto. Ma si può anche migliorare un lavoro cominciato. È quanto auguriamo a Meloni, nell’interesse del Paese.

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