Nel Mezzogiorno si concentra appena il 19% del risparmio totale delle famiglie del Paese. A dircelo è l’Istituto Tagliacarne, che ha diffuso i dati di una recentissima indagine sull’argomento. 

Il reddito disponibile delle famiglie meridionali, fortunatamente, è il 25,6%. Non il 33%, come sarebbe se fosse in linea con la percentuale di abitanti, ma quanto meno tale da consentire il soddisfacimento di consumi vitali, come quelli alimentari. 

Resta il fatto che il reddito delle famiglie del Sud è di circa il 32% inferiore a quello del Centro-Nord. La differenza di beni e servizi prodotti è ancora più grande, 41%. La ripartizione statale delle risorse consente di attutire le conseguenze di una situazione altrimenti al limite di guardia, ma in ogni caso assicura al cittadino del centro o del nord del Paese una quota di spesa pubblica pro capite di circa tremila euro annui superiore a quella del cittadino meridionale.

Sta proprio nella ricchezza la maggiore propensione al risparmio del Nord: quasi l’11% del reddito contro il 6,4% del Sud. 

Meno produzione, meno reddito. Ma si produce meno perché si lavora meno, non perché le imprese del Mezzogiorno siano marcatamente meno produttive delle altre aree. Ci sono differenze, ma ridotte, e hanno radice nella dimensione media, nel Sud più piccola che nel Centro-Nord. Più si è strutturati, più si realizzano prodotti e prestazioni a elevato valore aggiunto. La causa fondamentale del deficit meridionale è comunque l’insufficienza della base produttiva, che si traduce in un tasso di occupazione di 21 punti inferiore al resto del Paese. 

È evidente la necessità di adottare politiche economiche fortemente orientate verso lo sviluppo del Sud, per far crescere considerevolmente l’economia del Paese. Promuovere lo sviluppo del Sud vuol dire calamitare nell’area più investimenti, attuando un circolo virtuoso. L’investimento crea maggiore occupazione: ad esempio, famiglie plurireddito, anziché monoreddito. Il che genera a sua volta più risparmio e quindi ancora più investimenti. 

Perché dovrebbe attivarsi un meccanismo rigeneratore dell’economia meridionale mai concretizzatosi nel passato unitario? La risposta è che, mai come nell’attuale fase storica, l’Italia dispone di risorse aggiuntive per ridurre i divari.

È dunque fondamentale approfittarne. Un forte incremento dell’occupazione nel Sud aumenterà il risparmio, leva essenziale per l’investimento e la crescita. A beneficio anche dei conti pubblici. Un’operazione vincente per la nazione, non solo per il Mezzogiorno.