di Gianni Lepre

Il Mezzogiorno è storicamente caratterizzato da una bassa apertura verso gli scambi internazionali. L’incidenza dell’export sul totale Paese non arriva all’11%. È un problema di struttura del business, visto che il valore delle esportazioni nel Sud è circa il 12% del valore aggiunto complessivo prodotto dall’area, meno di un terzo rispetto alla percentuale del Centro-Nord. Ma questa differenza non nasce solo per la diversa specializzazione delle Regioni del Sud, più presenti nel terziario, ma anche per la inferiore propensione all’export delle imprese manifatturiere.

Il gap meridionale va superato, tenendo conto che c’è bisogno di supportare l’apertura ai mercati esteri di imprese spesso di dimensione troppo piccola per poter effettuare da sole il salto di qualità. Una svolta che, sia chiaro, è assolutamente necessaria: l’internazionalizzazione è una voce tradizionalmente attiva dell’economia nazionale, è la strada attraverso la quale anche quest’anno il Paese sta facendo registrare una crescita del Pil superiore alle aspettative.  

Occorre allora che lo Stato intervenga nella fase di abbrivio, definendo una fiscalità di vantaggio per le imprese del Mezzogiorno in ordine alle quote di fatturato che originano dalla domanda estera.   

Vanno previsti inoltre sgravi contributivi per le imprese presenti sui mercati esteri o che avviino concretamente piani di penetrazione oltre confine. Vanno definiti anche incentivi diretti a superare i nodi strutturali che impediscono alle imprese di internazionalizzarsi, a cominciare naturalmente dal vincolo dimensionale. In tal senso andrebbero affinati strumenti di sostegno alle aggregazioni, sotto diverse forme, dal consorzio tradizionale alla ‘rete’, nelle sue varie modalità di estrinsecazione. La massa critica d’impatto è un presupposto ineludibile per poter affrontare una partita complessa come quella di affrontare un contesto diverso per normative, modelli di business, specificità dei consumi, ordinamenti giurisdizionali, sistemi fiscali.

In un quadro di interventi complessivo, va tenuto conto anche della carenza di figure professionali adatte ad affrontare i nuovi mercati. La diffusione di profili come l’Export Manager può essere a tal riguardo un fenomeno da implementare, tenendo conto dei ritardi accusati anche su questo piano dal Mezzogiorno, e quindi mettendo a punto per un lasso di tempo adeguato, e non solo in via episodica e con scadenze molto circoscritte, un’agevolazione specifica per le imprese operanti nel Meridione.

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