Ci sono luci e ombre sull’andamento dell’occupazione in Italia. L’ultima rilevazione Istat, relativa ai dati mensili provvisori di settembre, induce a un cauto ottimismo. Gli occupati sono aumentati di 42 mila unità e il numero complessivo ha raggiunto il picco di 23 milioni 656 mila persone. È da un anno che, fatta eccezione per luglio 2023, l’occupazione continua a salire. Il tasso, pur ancora lontanissimo dalla media europea del 74,6%, ha da qualche mese superato quota 60, attestandosi a settembre al 61,7%. Ma, e qui si aprono le dolenti note, il lavoro femminile in Italia resta fermo al 52,5%, a fronte del 70,9% di quello maschile. Quel che è peggio è che le donne lavoratrici, anche secondo l’ultima rilevazione, diminuiscono anziché aumentare: i 42 mila posti di lavoro in più nascono infatti da un incremento di 48 mila unità dell’occupazione maschile, cui ha fatto da contrasto una perdita di 6 mila unità di quella femminile.
All’aumento dei posti di lavoro ha con ogni probabilità contribuito l’attivazione della piattaforma Siisl, che incrocia domanda e offerta dopo la riforma del reddito di cittadinanza. Sono diminuiti infatti di circa 92 mila unità i soggetti inattivi, il che ha determinato anche un lieve incremento del tasso di disoccupazione, proprio perché molti si sono nuovamente presentati sul mercato del lavoro.
Le criticità, oltre alle donne, riguardano i giovani. In Italia il loro tasso di disoccupazione è al 21,9%, a fronte del 5,8% della Germania!
Ma queste donne, questi giovani disoccupati sono magna pars della questione meridionale. La netta maggioranza risiede al Sud. Dati recenti dell’Istat ci ricordano che il tasso di disoccupazione dei millennials (20-34 anni) è del 23,6% nel Mezzogiorno, appena del 9,1% nel Centro-Nord. In pochi anni, nel Meridione, il loro tasso di occupazione è calato dal 45,3 al 41,6%.
Sarebbero sufficienti queste cifre per evidenziare come il grande problema dell’Italia, una vera e propria emergenza nazionale, è la disparità di condizioni in cui versa la popolazione del Sud. A cominciare da quella senza lavoro, in prevalenza rappresentata da donne e giovani.
Al Governo e alle istituzioni territoriali il compito di ridurre, se non azzerare, il divario territoriale. Un compito impegnativo ma tutt’altro che impossibile, se si rema tutti verso la direzione giusta, l’interesse del Paese: utilizzando le risorse disponibili ed evitando nuovi salti nel buio, come l’autonomia differenziata.