Nei giorni scorsi il sottosegretario leghista al Lavoro e alle Politiche sociali, Claudio Durigon ha annunciato che il governo sta valutando come dare un ristoro alle donne e con la manovra 2024 si potrebbe avere un’estensione dell’Opzione Donna, anche chiamato strumento di flessibilità in uscita,  un vero restyling all’opzione dall’introduzione di un’indennità ponte già a partire dal 61°, 62° anno di età, all’eliminazione del criterio figlio che nel 2023 prevede di abbassare da un anno o due, a seconda il numero dei figli, l’anno pensionabile.

Vediamo insieme attualmente chi può andare in pensione con opzione donna nel 2023

Possono andare in pensione nel 2023 con Opzione Donna, a patto che abbiano maturato 35 anni di contribuzione entro la fine del 2022, le seguenti lavoratrici:

  • lavoratrici caregiver che svolgono assistenza al momento della richiesta di prepensionamento e da almeno 6 mesi al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 104/1992), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni d’età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • lavoratrici che soffrono di una riduzione della capacità lavorativa, riconosciuta dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
  • lavoratrici licenziate da aziende in crisi o ancora dipendenti, per le quali sia stato attivato un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa.

Opzione Donna è una forma di pensionamento anticipato straordinario che permette alle donne, lavoratrici dipendenti o autonome con almeno 35 anni di contributi, di andare in pensione nel 2023 una volta compiuti 60 anni o, in alcuni casi, anche solo 58 o 59.

Si parla di prepensionamento straordinario perché, come è noto, la pensione di vecchiaia è accessibile in via generale a 67 anni con 41/42 anni e 10 mesi di contribuzione e quella anticipata a 64 con 38 anni di contribuzione. La misura rientra nel Regime sperimentale donna, trattamento pensionistico speciale rivolto ad alcune categorie di lavoratrici. Quest’ultimo, introdotto dall’articolo 1, comma 9, della Legge 23 agosto 2004, n. 243 (c.d. Legge Maroni), è stato ripreso e prorogato da diversi provvedimenti legislativi nel corso degli anni, l’ultima volta dalla Legge di Bilancio 2023 che ha fissato come termine di maturazione dei requisiti il 31 dicembre 2022.

Dal punto di vista operativo, le domande per accedere a Opzione Donna con i requisiti previsti nel 2023 erano possibili dal 1° febbraio 2023, come spiegato nel Messaggio INPS n. 467 del 1° febbraio 2023.

Andiamo a vedere nello specifico e

1) LAVORATRICI CAREGIVER

Con riferimento alle lavoratrici caregiver, la Circolare n. 25 del 06-03-2023 specifica che:

  • il requisito dell’assistenza si considera soddisfatto in presenza di convivenza. Ai fini dell’accertamento del requisito della convivenza, si ritiene condizione sufficiente la residenza nel medesimo stabile, allo stesso numero civico, anche se non necessariamente nello stesso interno (appartamento);
  • i 6 mesi di assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità devono intendersi continuativi;
  • lo status di “persona con disabilità grave” si acquisisce alla data dell’accertamento riportata nel verbale rilasciato ai sensi dell’articolo 4 della Legge n. 104 del 1992, o in caso di sentenza o riconoscimento a seguito di omologa conseguente ad accertamento tecnico preventivo;
  • nel caso di assistenza di un parente o un affine entro il 2° grado è prevista l’ulteriore condizione che i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità non possano prestare l’assistenza in quanto abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

2) LAVORATRICI CON INVALIDITÀ AL 74%

Per le lavoratrici che soffrono di una riduzione della capacità lavorativa, è necessario che vi sia il riconoscimento delle competenti Commissioni per l’invalidità civile, superiore o uguale al 74%.  

3) LAVORATRICI AZIENDE IN CRISI

Come chiarito nella Circolare INPS n. 25 del 06-03-2023, Opzione Donna si applica alle lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali risulti attivo alla data del 1° gennaio 2023, ovvero risulti attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa. l’INPS specifica che:

  • per le lavoratrici dipendenti è necessario che il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale risulti attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;
  • per le lavoratrici licenziate occorre che il licenziamento sia stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo e che le stesse non abbiano ripreso attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento.

In relazione alle singole istanze pervenute, l’INPS provvederà a richiedere alla struttura per la crisi d’impresa, istituita presso il Ministero, i dati ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione per l’erogazione del trattamento pensionistico.

NUOVI REQUISITI ANAGRAFICI

Ma quanti anni bisogna avere entro il 31 dicembre 2022 per andare in pensione con Opzione Donna? L’età necessaria da avere entro il nuovo termine di maturazione dei requisiti – ed è questa l’altra novità significativa rispetto al 2022 – cambia a seconda del numero dei figli, ossia:

  • 60 anni di età per le lavoratrici senza figli;
  • 59 per chi ha un figlio;
  • 58 per chi ha due o più figli o è dipendente di un’azienda in crisi per cui non vige il parametro dei figli (il requisito anagrafico sarà sempre di 58 anni).

E’ stato confermato anche nel 2023 l’applicazione del sistema “contributivo” per determinare l’ammontare dell’assegno di Opzione Donna, come previsto per le versioni precedenti. A differenza del sistema retributivo, infatti, l’assegno pensionistico di questa misura è determinato dai contributi versati in ciascun anno di lavoro e non sulla retribuzione percepita. Questo potrebbe essere uno degli aspetti da soppesare per chi decide di optare per questa forma di pensione anticipata.

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo per accedere a Opzione Donna 2023 è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, ad esempio, è anche possibile utilizzare i contributi ottenuti mediante il riscatto della laurea, in quanto si collocano temporalmente nel periodo dell’evento riscattato.

Più precisamente, ai fini del raggiungimento del requisito (35 anni) sono utili:

  • contributi obbligatori;
  • contribuzione da riscatto o da ricongiunzione;
  • contributi volontari e figurativi (quindi anche i versamenti per il riscatto della laurea) ma sono esclusi quelli figurativi accreditati per malattia e disoccupazione dei lavoratori dipendenti privati.

Resta ferma pure l’impossibilità di cumulare gratuitamente – al fine di integrare i 35 anni di versamenti – la contribuzione versata in diverse gestioni previdenziali.

Opzione donna ha avuto il crollo nel 2023 rispetto al 2022 in quanto molte donne prendono meno di mille euro al mese.

L’Inps ha ufficializzato che fino a tutto il 1° gennaio 2023 sono uscite con Opzione donna 174.535 lavoratrici con un assegno medio che è risultato del 39,8% più basso rispetto alla media delle altre pensioni “anticipate” (1.171,19 euro contro 1.946,92 euro).

Ma sempre l’Inps ha fatto notare che questa differenza d’importo «solo in parte» è riconducibile al ricalcolo contributivo dell’assegno, che (prima dell’introduzione degli attuali requisiti) è risultato pari al 14,2% della pensione che sarebbe stata percepita se alla pensionata fosse stato applicato il regime (misto o retributivo) che le competeva». Una penalizzazione oltretutto destinata ad azzerarsi visto che sarebbe già scesa al 23% del 2013 all’8% del 2022.

L’ipotesi «Ape donna» con 61-62 anni d’età

Già dall’inizio dell’estate i tecnici del governo stanno valutando la possibilità di introdurre per le lavoratrici un sussidio sulla falsariga del cosiddetto modello “Ape sociale”: l’Anticipo pensionistico previsto per alcune categorie di lavoratori, a cominciare da quelli in situazione particolarmente “disagiata”. Le donne alle quali è attualmente consentita l’uscita anticipata (caregiver, con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate) che abbiano maturato 61-62 anni d’età e 30 anni di contributi (28 per le madri con due figli) avrebbero la possibilità di beneficiare fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia di un sussidio non superiore ai 1.500 euro lordi “non rivalutabili” per 12 mensilità e comunque svincolato dal ricalcolo contributivo dell’assegno. Sussidio che sarebbe garantito anche alle lavoratrici impegnate in mansioni gravose (per almeno sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi dieci lavorati): in questo caso gli anni di contribuzione necessari (36 come sostanzialmente per l’Ape sociale) scenderebbero a 34 in presenza di due figli. Si tratterebbe quindi di una misura di accompagnamento alla pensione di vecchiaia.

Per i soli lavoratori gravosi dipendenti, di seguito elencati, è necessaria una anzianità contributiva minima pari a 32 anni:

    • operai edili, come indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili ed affini;
    • ceramisti (classificazione Istat 6.3.2.1.2),
    • conduttori di impianti per la formatura di articoli9 in ceramica e terracotta (classificazione Istat 7.1.3.3)

Tra le varie proposte sul tavolo per allentare la stretta su Opzione donna c’è quella sostenuta da una fetta della maggioranza che prevede l’eliminazione del cosiddetto “paletto-figli” ma lasciando l’accesso consentito alle categorie di lavoratrici per le quali è attualmente utilizzabile questa uscita anticipata (caregiver, con almeno il 74% di invalidità civile, licenziate o dipendenti da aziende in crisi). In altre parole, verrebbe cancellato il requisito dei 60 anni e sarebbero eliminati anche gli “sconti” di un anno con un figlio e di due anni con più figli. Per queste categorie, pertanto, la soglia anagrafica tornerebbe a 58 anni come nel 2022.

Il possibile mix

La scelta finale dipenderà in gran parte dalle risorse che risulteranno effettivamente disponibili al momento della presentazione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef), prevista per il 27 settembre. Se gli spazi di finanza pubblica lo dovessero consentire, non è del tutto escluso un mix tra le due possibili misure: una consentirebbe l’uscita, seppure a poche categorie di lavoratrici, prima dei 60 anni ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno, che verrebbe evitato con l’altra possibilità optando per l’indennità da 61-62 anni in attesa di beneficiare della pensione di vecchiaia.

Entro il 30 novembre del 2023 è possibile richiedere l’Ape sociale definito anche sperimentale, ma a determinate condizioni, dai 63 anni e fino al compimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. La sperimentazione termina il 31.12.2023.