ROMA -“L’introduzione della tassa sugli extraprofitti rappresenta una mossa emotiva e ideologica, finalizzata più alla ricerca di consenso e voti che alla risoluzione di problemi strutturali. È una misura priva di solide basi razionali e definizioni chiare: infatti, non esiste una definizione condivisa di extraprofitti”, così in una nota commenta la manovra l’analista socioeconomico e geopolitico Pietro Paganini, che prosegue “gli argomenti a sostegno di questa tassa mancano di rigore e rischiano di compromettere il principio di libero mercato. In un sistema di mercato, il profitto – che sia grande o piccolo – non è un reato. Quando i profitti derivano da fattori che distorcono il mercato, è su quei fattori che si dovrebbe intervenire, e non punire retroattivamente chi ne ha tratto beneficio”.  Questa decisione secondo il Prof. Pietro Paganini “rischia di creare un precedente pericoloso. Chiunque in futuro, per necessità di risorse, potrebbe ricorrere a misure simili per colpire arbitrariamente chi ‘guadagna troppo’. Tale discrezionalità, abbinata a una narrazione populista, attribuisce al governo il potere di decidere quale profitto sia giusto e quale no, posizionandosi al di sopra dei cittadini e delle dinamiche di mercato”. Questo tipo di intervento, per Paganini “ricorda più un approccio da ‘Stato Etico’ che non da Stato di diritto. Inoltre-spiega- la tassa sugli extraprofitti è alimentata da un contesto ideologico pericoloso, in cui chi ottiene risultati migliori è visto come un nemico da punire. La retorica di invidia sociale promossa contro chi ha di più o riesce meglio non è coerente con un obiettivo di tutela reale dei cittadini. Se chi la propone fosse davvero interessato ai problemi dei cittadini, dovrebbe piuttosto impegnarsi a ridurre i privilegi di gruppi di potere consolidati”. E sul caso specifico delle banche afferma “se il governo ritiene che i tassi alti siano la causa di profitti straordinari, potrebbe incentivare il settore bancario a promuovere prestiti, mutui e strumenti finanziari destinati agli investimenti e all’innovazione. Così-conclude Pietro Paganini- anziché spendere risorse in maniera improduttiva, si favorirebbe una crescita duratura e si sosterrebbe un’economia realmente libera e competitiva”.