La combinazione della molecola WNT974 con l’immunoterapia è risultata efficace nel 18% dei pazienti con melanoma che non hanno mai risposto all’immunoterapia. In 2 casi la malattia è addirittura scomparsa. Il trattamento, inoltre, è risultato efficace nel 35,7% dei pazienti con resistenza acquisita

Barcellona, sabato 14 settembre 2024  – Una seconda chance per l’immunoterapia contro il melanoma quando fallisce e una nuova opportunità terapeutica per i pazienti più difficili e con poche speranze di cura. E’ esattamente questo quello che promette un nuovo studio clinico internazionale di Fase I, guidato da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, presentato in occasione del meeting annuale dell’European Society for Medical Oncology (ESMO), in corso a Barcellona fino al 17 settembre. I risultati dimostrano l’efficacia di un nuovo farmaco nello sbloccare l’azione dell’immunoterapia sia nei pazienti con resistenza primaria, cioè che non hanno mai risposto all’immunoterapia, e sia nei pazienti con resistenza acquisita, coloro che hanno iniziato a non rispondere agli immunoterapici dopo un po’ di tempo. “Il nostro studio mostra la sicurezza e l’efficacia di WNT974, molecola che inibisce la via di segnalazione Wnt/beta-catenina coinvolta nella mancata risposta all’immunoterapia, nel superare la resistenza, offrendo ai pazienti una nuova possibilità di cura – spiega Ascierto -. La combinazione di WNT974 con l’immunoterapia è risultata efficace nel 18% dei pazienti con melanoma che non hanno mai risposto all’immunoterapia. In 2 casi la malattia è addirittura scomparsa. Il trattamento, inoltre, è risultato efficace nel 35,7% dei pazienti con resistenza acquisita”. L’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento del melanoma, sia nelle fasi iniziali della malattia che in quelle avanzate, quando cioè il tumore si è diffuso in altre parti del corpo. Questo approccio terapeutico agisce stimolando le cellule del sistema immunitario ad attaccare il tumore. Tuttavia, quasi il 50% dei pazienti non risponde all’immunoterapia, incapace di richiamare i linfociti T sul tumore. Nel nuovo studio clinico sono stati coinvolti 42 pazienti con melanoma avanzato che non rispondevano all’immunoterapia, 28 con resistenza primaria e 14 con resistenza acquisita. “La combinazione di WNT974 con l’immunoterapia è risultata sicura: solo nel 14% dei pazienti abbiamo registrato eventi di grado severo, un’incidenza simile a quella della sola immunoterapia – sottolinea Ascierto -. Nei pazienti in cui il trattamento è risultato efficace abbiamo osservato una risposta ampia in media per 15 mesi, con una stabilità della malattia per più di 2 anni”. Gli scienziati hanno spiegato anche quale possa essere il meccanismo d’azione della molecola WNT974. “E’ noto la via di segnalazione Wnt/beta-catenina può giocare un ruolo cruciale nel sopprimere la risposta immunitaria – spiega Ascierto -. Nei pazienti con melanoma resistenti all’immunoterapia si può riscontrare infatti la mancanza di linfociti T all’interno del tumore, le stesse cellule immunitarie che l’immunoterapia richiama per attaccarlo. La molecola WNT974, inibendo la proteina porcupine, responsabile dell’attivazione della via di segnalazione Wnt/beta-catenina, toglie il ‘freno’ all’immunoterapia che può quindi liberare ed attivare i linfociti T che attaccano il tumore”. Per questo motivo la molecola WNT974 è detta anche inibitore di porcupine. Tuttavia, anche questo nuovo approccio non funziona per tutti i pazienti. “Sono in corso le analisi dei biomarcatori che ci permetteranno di identificare ulteriori marcatori predittivi di risposta e resistenza al trattamento – conclude Ascierto -. Crediamo che quei pazienti che sviluppano la resistenza per una attivazione della via WNT/Beta-catenina, siano anche quelli che potrebbero beneficiare dell’aggiunta dell’inibitore di porcupine. Il nostro obiettivo rimane sempre quello di cercare di trovare nuove opzioni di trattamento per i pazienti più difficili che, ad oggi, non beneficiano delle terapie attualmente disponibili”.