Per favore non parliamo della mancanza di Kim, di preparazione sbagliata o di incapacità di Garcia a leggere la partita per spiegare la sconfitta contro la Lazio. Si tratta di alibi o pretesti teleascoltati o messi su carta da chi è in mala fede e comincia ad agitare le acque della passione o non ha la minima conoscenza delle cose di spogliatoio e di campo ma “vede” solo il calcio. Mi spiego meglio e non ho intenzione di mettermi ex cattedra difronte alla platea di tecnici e competenti addetti ai lavori di cui questo Barnum che è il calcio è pieno.
La sconfitta in sé non crea danno alla classifica, ma la maniera netta in cui è maturata-senza il santo Var sarebbe finita 1-4 – merita comunque attente riflessioni sul pré e post partita.
Un po’ guascone e un po’ hidalgo il tecnico franco-spagnolo aveva già lanciato qualche incauto proclama affermando: ” dobbiamo arrivare a quota nove punti senza incertezze…”. Dichiarazione che un po’ faceva il paio con un’ altra ancora più guascona : ” io gioco e penso il mio calcio, non conosco il passato”.
Con queste affermazioni il tecnico si è infilato in un labirinto che, visto come è finita contro Sarri,impone un ritorno indietro con la speranza, per lui, di aver portato con sé quel filo conduttore – l’ eredità del gioco di Spalletti – da cui ripartire. Contro la Lazio perse anche Spalletti, è vero, ma il Napoli aveva un enorme vantaggio sulle inseguitrici da poter gestire, era la venticinquesima giornata, e subì il gol decisivo. Sull’ unico vero tiro in porta laziale, scoccato da Vecino da fuori area su…assist involontario di Kvara. Sabato sera il Napoli, dopo un buon primo tempo giocato tuttavia a tutta birra, è scomparso dai riflettori del Maradona: atleticamente, tatticamente e mentalmente. Le cause più evidenti?
1) giocare sopraritmo e in pressione costante per tutto il primo tempo, con questo caldo diventa un errore per la tenuta atletica e poi psicologica se l’ avversario ti mette in mezzo e ti nasconde la palla per cui perdi il pallino del gioco.
2) non voler avere più un solo punto di riferimento in mezzo al campo- Lobotka- ma chiedere anche ad Anguissa e pure a Zielinski di creare gioco sfruttando il lavoro estenuante e continuo sulle fasce anche dei due esterni bassi, non solo aggrava il dispendio di energie ma soprattutto genera confusione nell’ occupazione degli spazi in campo e crea confusione negli stessi movimenti degli interpreti che perdono quei sincronismi e quegli automatismi già noti, creando di fatto una voragine tra i due centrali difensivi e il resto della squadra, sbilanciata assai, e costretta ad affannose quanto tardive rincorse all’ indietro sulle transizioni d’attacco studiate dall’ avversario.
3) puntare sul ” tutti all’ attacco” senza avere coperture preventive certe, soprattutto quando difronte hai giocatori tecnici come Felipe Anderson, Luis Alberto, Zaccagni e poi Guendouzi è come offrire il petto nudo al nemico, in poche parole suicidarsi tatticamente.
4) Anche i lanci lunghi per sfruttare la velocità di Osimhen saltando il centrocampo sono inutili se il nigeriano non ha almeno un compagno vicino con cui creare un gioco a due o in virtù di una spizzata poter giocare in velocità sulla seconda palla.
Rifletta il guasco-hidalgo Garcia sugli errori commessi da lui e dalla squadra contro la Lazio. E rifletta anche sui toni delle dichiarazioni da rilasciare ai media. Spalletti in questo è stato bravo, furbo e intelligente allenando anche i tifosi senza esaltazioni o proclami da leader maximus.
Ricordi che ad Ancelotti, il tecnico più vincente di sempre, non bastarono l’ esperienza, la competenza e il buon senso per aggiustare le cose nel dopo Sarri. Garcia da buon allenatore la cui consapevolezza e piena fiducia di sé non l’ abbandonano mai, né è tipo che si sottrae alle sfide, sappia comunque che questa col Napoli, nella stagione del dopo Spalletti, può nascondere in sé tutti i caratteri di un salto nel buio. Riparta da ciò che la squadra già conosce e sa fare bene e, a gara in corso, intervenga con autorevolezza dove e come serve. Spalletti, presentandosi a Coverciano gli ha lanciato un assist involontario che può diventare il suo mantra: ” Non sarò il miglior tecnico del Napoli, ma proverò ad essere il miglior Garcia possibile per il Napoli”.
Chiaro no? Il Genoa sarà già tappa fondamentale per il futuro.