Ora basta! Ma davvero! Basta trattare i nostri giocatorini azzurri come cristalli Swarovski o pezzi unici da teca. Basta difendere un sistema e un governo del calcio peggiore, se possibile, dei nostri pessimi politici, ignoranti, truffaldini e senza amore patrio che non sia il denaro o un finto potere.Basta con giornalisti televisivi di regime che non hanno la forza e la voglia di dire che il prodotto “calcio italiano” è un fallimento totale. E basta pure cercare di trovare colpe, responsabilità, colpevoli per fare a gara a scarica barile. Dopo la figuraccia di m….contro la Svizzera, più squadra, più forte tecnicamente, tatticamente, atleticamente ma soprattutto mentalmente le responsabilità sono di tutti nessuno escluso. A cominciare dai presidenti dei club che mettono sotto campane di vetro i loro presunti gioielli, per proseguire ai tecnici di casa nostra che, privilegiando la tattica, hanno ormai narcotizzato le capacità di troppi giocatori ad avere delle idee proprie per inventarsi delle giocate o puntare l’ avversario per un dribbling in più che nel nostro campionato è diventato come trovare una perla in un’ ostrica infondo al mare. Della gara contro la Svizzera non resta nulla, soprattutto le parole, inutili, di chi s’è affannato a spiegare le cause di una vera e propria meritata disfatta che non ha e non aveva bisogno di alcun commento. È bastato assistere, impotenti tutti, protagonisti e spettatori, alla straziante eutanasia di quella che era, una volta, una squadra orgogliosa, volitiva, forte nella testa più che nei piedi. Della partita contro la Svizzera resta il ricordo delle urla di Spalletti che vorrebbe teleguidate la Nazionale come ha fatto col Napoli, attimo per attimo.Ma più che consigli o comandi di gioco lancia urla che i fischi del deluso pubblico italiano trasformano in strazianti e sempre più sinistri presagi che diventano il leit motiv, la colonna sonora di un pomeriggio da cani che ha cancellato la Nazionale dall’ Europa. E va detto, per onestà intellettuale, che i continui inviti e richiami ai giocatori non giustificano la confusione, gli errori tattici, il braccino corto e l’ insicurezza che, involontariamente, Spalletti ha trasmesso anche ai suoi giocatori. Di fronte un tecnico, Yakin, con idee chiare, corrette, semplici e un gruppo di atleti in grado di assecondarle.
Ora occorre resettare tutto e sperare che Gravina, il presidente della FIGC, capisca che bisogna ripartire da zero, dalla base, quella base che i troppi stranieri in campionato, nei club hanno distrutto ai massimi livelli. Creare Centri Federali Regionali, monitorare i vivai secondo criteri scientifici e obbligare di avere in rosa almeno 4 diciottenni, limitando l’ utilizzo di titolari stranieri in campionato ad un numero massimo di 5, possono essere un input importante e inderogabile per la rinascita di un calcio italiano che, come ha dimostrato la Nazionale, non ha più alcuna competitività. Spalletti, se non farà l’ aziendalista, può farcela ed imporre delle regole più severe per la gestione di una squadra che deve tornare ad essere l’ orgoglio della nazione. Le qualificazioni mondiali saranno la cartina di tornasole per capire se il calcio, la scuola italiana, ha un futuro o se Federazione, governo Sportivo e Coni, abbasseranno la testa di fronte agli interessi dei club, dei loro business e di un’ industria che, come in altri settori, non ha alcun interesse né intenzione di investire sul piede d’opera locale.