Ho seguito e letto con estrema attenzione tutto quanto s’è detto e scritto dopo la disfatta della nazionale italiana contro la Svizzera. Giornalisti e opinionisti Ex in calciatori, allenatore e affabulatori hanno spiegato ciascuno a modo suo il perché e il senso di un’altra sconfitta che, a parer mio, fa ancora più male di quella clamorosa del ’66 contro la Corea…
Si, perché allora le colpe furono tutte del buon Mondino Fabbri che schierò titolare Bulgarelli infortunato e non il più giovane Juliano; ed allora non c’erano sostituzioni..
Oggi, invece, dissertiamo sulle responsabilità di Spalletti che, per carità, ne ha senz’ altro, sul Gravina che di riforme parla solo ma non mette mai mano ad avviarle, sui club che alla Nazionale meno giocatori danno e più sono contenti, sui vivai trascurati, su PlayStation e telefonini imperanti nei ritiri e molti altri fattori che hanno fatto “sparire” l’ Italia.
E se fosse invece che il calcio, al di là di tutti i discorsi tecnici, tattici e atletici con cui amiamo discuterne noi italiani, ha una componente ancora umana, caratteriale? Slovenia, Svizzera, Slovacchia, Austria, ma anche Turchia, nella loro modestia e umiltà hanno buttato la palla e il cuore avanti, oltre ostacoli apparentemente e non solo, insormontabili. Quello che è finora venuto fuori da un Europeo modesto tecnicamente e senza novità tattiche, è una parola che è totalmente mancata all’ Italia: coraggio. Senza orpelli tattici e senza sovrastrutture, squadra modeste hanno messo in campo più del massimo di quello che avevano. Nazionali con 11 e più giocatori impegnati in altri campionati hanno buttato in campo tutta la voglia di giocare per la propria bandiera, con una forza d’animo e una spinta caratteriale impressionanti.
Noi italiani speravamo nel miracolo Spalletti ignari della dead line da cui aveva preso una Nazionale già piena di problemi e di …sconfitte, abbandonata da Mancini. Sia chiaro che non è una difesa totale di Spalletti perché le troppe variazioni tattiche, troppi cambi di strategie, han fatto perdere sicurezze alla squadra. Troppi giocatori straniti e cambiati di ruolo che hanno reso l’ Italia inerme contro una buona squadra che di certezze ne aveva tante in uno con una prepotenza atletica imbarazzante.
Mi permetto di riprendere un articolo di Alberto Polverosi, una delle prime firme del Cor-Sport, datato 25 marzo 2014, all’ indomani di una spettacolare Real Madrid- Barcellona.
” Ma a che gioco giochiamo noi italiani? Perché se è calcio quello della serie A non è calcio quello della Liga o della Premier League. È un’ altra cosa. Da anni viviamo su due piani diversi ma in questa stagione la forbice si è allargata ancora di più…. È una nenia che, evento dopo evento, stordisce sempre più il nostro calcio. Non abbiamo più i campioni, non abbiamo più i grandi allenatori, ma soprattutto abbiamo perso tempo a litigare per i soldi anziché produrre un movimento compatto con obiettivi precisi….
Non ci occupiamo dei giovani come accade ovunque, anche in Svizzera che fra un po’ ci ritroveremo alle calcagne come sta accadendo con il Portogallo….Come ha detto giorni fa Guidolin lo scatto deve essere culturale….Dobbiamo ritrovare i campioni, ma anche il senso di una passione. E questo, per gli italiani, è ancora più difficile “.
Sembra scritto oggi, invece è…vecchio di oltre dieci anni…Forse i Brera, i Ghirelli, i Perrone come Polverosi avevano la vista lunga più di tanti miopi dirigenti del nostro calcio. Io modesto cronista da 45 anni e tecnico anche di selezioni giovanili, non ho voce in capitolo e mi limito a osservare e,magari, rodermi il fegato. Come i cinesi, però, aspetto seduto sulla riva del fiume. Prima o poi vedrò il passaggio del Soggetto o dei Soggetti che hanno fatto tanti danni e male al nostro calcio. Almeno lo spero…