Gli esami non finiscono mai, è proprio vero, e la partita di domani sera contro l’ Union Berlino diventa una nuova prova di maturità di tutto il gruppo azzurro per dimostrare che ” a’ nuttata” è quasi passata. Verona ha detto che il Napoli è vivo, forse ancora convalescente, ma volontà e carattere messi in campo dagli azzurri, su tutti Kvara, Meret e Cajuste, fanno ritenere che la confusione, le polemiche e le critiche delle ultime due settimane durante la sosta possano essere messe alle spalle. A Verona poi, non c’era Osimhen e vincere senza la presenza e i gol del bomber nigeriano non è mai facile se in soccorso all’ allenatore non arrivano le giocate di squadra per favorire le incursioni degli attaccanti. Politano, Raspadori e Kvaratskhelia hanno giocato da squadra, supportati adeguatamente dai centrocampisti e da Mario Rui che si conferma elemento utilissimo per dare campo e spazio a Kvara. La doppietta, ma soprattutto gli strappi e i dribbling del georgiano, in attesa del ritorno di Osimhen, lo fanno diventare il punto di riferimento per il rilancio della squadra e l’ uomo chiave per De Laurentiis e Garcia per evitare polemiche e frizioni tra loro e riaprire un ciclo che, a nostro avviso, è appena all’ inizio. In effetti il futuro del Napoli in campo dipende certo dai giocatori ma soprattutto dalla capacità di presidente e tecnico di fare blocco unico realmente e non solo a parole e di agire di comune accordo ciascuno secondo le responsabilità che il proprio ruolo impone. Servono lucidità e chiarezza. Il De Laurentiis sentito alla Luiss e poi nella lunga intervista (si fa per dire… è stato un monologo prefabbricato davanti a pochi …intimi n.d.r.) di giovedì, al di là delle sacrosante verità sul mondo del calcio…da rifare, è stato assoluto protagonista di una parte in cui raccontando le “sue” verità e addossandosi le colpe per il suo temporaneo abbandono del Napoli è riuscito a farle ricadere sugli altri, da Garcia a Osimhen che si è tirato indietro dopo la stretta di mano per il prolungamento con aumento dell’ ingaggio.
” Sono io in sella e so come guidare questa situazione”. Se non siamo all’ arrivano i nostri, ci manca poco. La verità è che stiamo scoprendo un De Laurentiis ancora più stupefacente di quanto già non sapessimo. Un uomo di rara e sicura intelligenza con una padronanza della scena che è solo dei grandissimi attori. De Laurentiis nelle sue varianti di presidente, ora padre-padrone, ora pater familias, poi talent scout, imprenditore, Diesse e pure psicologo e un po’ allenatore, è sempre se stesso essendo credibile a sé stesso prima che agli altri, di cui, in verità gli frega pochissimo.
Ora, quello che ha detto di Garcia durante la sosta e gli incontri avuti col tecnico, prima sfiduciato pubblicamente, poi rimesso in sella alla squadra per sua volontà e…condotto per mano fino a Verona, bisognerà vedere se è bastato e basterà per ridare energia, slancio e entusiasmo al gruppo e ai singoli, soprattutto ad Osimhen che, ma forse lui non se n’è accorto, è stato di fatto tacciato assieme al suo procuratore, il povero commesso viaggiatore Roberto Calenda, di non essere uomini di parola avendo ritirato indietro la mano già data a trattativa di rinnovo conclusa …
Ecco perché Verona, a nostro sommesso avviso, per Garcia è stata solo un barlume di luce. Il tecnico resta sul filo del rasoio e toccherà proprio a lui, in verità sin qui poco chiaro tatticamente e poco autorevole nella gestione del gruppo, riottenere la fiducia del presidente e la stima dei giocatori che, lo diciamo chiaro, non vanno mai in campo contro l’ allenatore. Ci riuscirà il tecnico francese? Francamente non lo sappiamo perché dipenderà dall’ atteggiamento del presidente nei suoi confronti. Un presidente, Aurelio De Laurentiis, che ha una fede incrollabile in sé stesso e che deve la sua grandezza nel riuscire a sostenere il bianco e il nero, verità e bugie con la stessa faccia e la scaltrezza e la velocità, anche di lingua, di un camaleonte. Adesso valuti con attenzione il presidente i pro e i contro nelle prossime gare ma faccia in fratta perché il “suo” Napoli con lo scudetto sulla maglia non può diventare un peso gravoso per lui, a 74 anni, e neanche un tormento per i milioni di tifosi che lo seguono con amore smisurato.