Uno studio del Pascale di Napoli e dell’stituto Europeo di Oncologia di Milano ha individuato fattori batterici che predicono la risposta all’immunoterapia dei pazienti con melanoma avanzato e possono aumentarne l’efficacia.
Napoli, 31 ottobre – Un gruppo di ricercatori, coordinati da Luigi Nezi dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), in collaborazione con gli oncologi Paolo Ascierto e Luigi Buonaguro del Pascale di Napoli, ha individuato nel nostro microbiota intestinale i fattori in grado di predire, con un semplice test eseguito su cellule del sangue, quali pazienti con melanoma avanzato risponderanno all’immunoterapia e quali no, aprendo una nuova strada per lo sviluppo di un vaccino terapeutico. I risultati sono pubblicati ieri sulla prestigiosa rivista Cell Host and Microbe.
Per questo studio sono stati arruolati presso l’IEO di Milano e l’Istituto Nazionale dei Tumori (INT) “Fondazione Pascale” di Napoli 23 pazienti con melanoma inoperabile e candidati a ricevere la terapia che, bloccando la proteina linfocitaria PD-1, riattiva la risposta immunitaria antitumorale. Da ciascun partecipante sono stati raccolti dati clinici e diversi campioni biologici, sia prima dell’inizio della terapia che mensilmente durante il periodo del trattamento (fino a 13 mesi), consentendo così di associare variazioni del microbiota intestinale con altri marcatori infiammatori ematici.
Il legame fra microbiota intestinale e immunoterapia è noto da tempo, ma ora lo studio dimostra perché e come avviene l’interazione.
Infatti, da un’analisi approfondita dei geni batterici (metagenomica) emerge che il microbiota intestinale dei pazienti responsivi all’immunoterapia è arricchito di alcuni geni che portano alla sintesi di peptidi (frammenti di proteine), i quali mimano esattamente la struttura di alcuni dei principali antigeni tumorali espressi dalle cellule di melanoma. Poiché la somiglianza consente a linfociti diretti contro i peptidi batterici di riconoscere anche i loro analoghi tumorali, l’immunità antitumorale ne esce rafforzata.
Questa scoperta consentirà in breve tempo di condurre uno screening dei pazienti candidati a immunoterapia grazie ad un test ematico per ricercare linfociti che riconoscono i peptidi batterici analoghi a quelli del melanoma. “La possibilità di avere a disposizione marcatori che predicono la risposta ad un trattamento o meno – dice il Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento Melanoma e Immunoterapia dell’Irccs partenopeo – rappresenta un aspetto importantissimo della ricerca oncologica. In questo modo si selezionano i pazienti che possono realmente avere un beneficio da una terapia evitando inutili costi e possibili effetti collaterali a coloro che non ne avranno beneficio. Inoltre, – sostiene Ascierto – consente di focalizzare la ricerca su quei pazienti resistenti ab initio ad un trattamento”.