“Libertà, Identità e Tradizione. L’Onda Conservatrice.” Questo il tema al centro dell’incontro letterario promosso a Villa Campolieto, nell’ambito della rassegna letteraria “Incontri d’autore”, dalla Fondazione Ville Vesuviane con gli interventi di Gennaro Sangiuliano, autore del libro “Trump – La Rivincita” e di Marco Invernizzi, autore con Oscar Sanguinetti del libro “Conservatori – Storia e attualità di un pensiero politico”. A moderare i lavori, aperti dai saluti di Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane e conclusi da Domenico Airoma, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino e Vice Presidente Centro Studi Rosario Livatino, Carmine Ippolito, Consigliere della Fondazione Ente Ville Vesuviane. “Quando si parla di conservatorismo si pensa al passato. Quindi è un termine legato ad un aspetto di scontro in quanto rivolto al passato. E noi invece chiamiamo i contributi del libro “Conservatori – Storia e attualità di un pensiero politico”, conservatori del futuro, perché, a mio avviso, il futuro è conservatorismo.” Così uno degli autori del libro, Marco Invernizzi introducendo i lavori dell’incontro. “Il passato può, certamente tanto, la storia magistralmente, ci può insegnare tante cose, ma – ha detto Invernizzi – il reale è l’essenza per il conservatorismo. Il reale non è quello che c’è adesso, a cui il conservatore, altra cosa che dobbiamo sfatare, è particolarmente legato e lo vuole conservare a tutti i costi nei confronti di quelli che lo vogliono cambiare, ma il reale, il ritorno al reale, non è il ritorno al passato, non è amore sviscerato e esagerato nei confronti di un potere da difendere attualmente, ma il reale è l’eterno. È l’esistenza di un progetto divino, eterno per l’uomo e per la società, che non muta con il mutare dalla storia, perché ci sono dei valori e dei principi che, se sono veri, sono sempre veri e che sono comunque quelle cose che permettono al bene comune di realizzarsi. Quindi il ritorno al reale è in realtà un ritorno all’eterno, è il ritorno a quei principi del senso comune, o se volete del buon senso perché sono strettamente legati alla natura umana, che la storia, soprattutto la storia delle ideologie, a partire dalla Rivoluzione francese, ha messo in discussione, a volte ha messo dentro i campi di concentramento, ha escluso dai libri di scuola, ha escluso dal senso comune delle popolazioni.” “La libertà – ha aggiunto Invernizzi – è una cosa bellissima, ma non è possibile farne un assoluto. Ha dei limiti connaturati con il senso del reale. Il conservatore ama il progresso ma non ne fa un’ideologia di cambiare il reale. Il conservatore vuole riformare il reale. Usa la tecnologia, non ne fa una ideologia.”
“In merito al termine conservatore, Gennaro Sangiuliano, autore del libro “Trump – La Rivincita”, facendo riferimento nel suo intervento ad una introduzione al manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini, un libro apparso negli anni ’70, “in cui il libro tentò di riabilitare quella viene definita un parola malfamata, la parola conservatore” ha spiegato che “la parola conservatore viene da un’antica parola indoeuropea che indica la figura del “cnam”, da cui conservatore, una figura immaginaria che di notte sorvegliava il fuoco presso le antiche tribù nomadi da cui discendiamo, che ci portarono nella preistoria verso l’Europa occidentale. La notte bisognava presidiare il fuoco affinché il fuoco non si spegnesse.” “Ovviamente – ha specificato Sangiuliano – quello del fuoco è un simbolismo che sta a indicare i valori fondanti di una comunità, gli elementi che formano l’identità e l’appartenenza di una comunità.” “Il professore – ha evidenziato Sangiuliano – dice una cosa molto interessante: il progressista è la persona di domani, ma il conservatore è la persona di dopodomani, perché è colui quale è chiamato a modernizzare una società, salvaguardandone i valori. Infatti, se noi vediamo la storia del ‘900, sono stati dei grandi conservatori che a fare balzi in avanti. De Gaulle, Margaret Thatcher, Ronald Reagan. Questo concetto lo spiega anche un grande filosofo e sociologo spagnolo, José Ortega y Gasset, il quale dice: prima di fare un balzo in avanti, devi piantare bene i talloni per terra, quindi devi essere radicato con il tuo passato, nella tua coscienza collettiva per poter fare un balzo in avanti.” “Mi fa piacere il riferimento di Marco Invernizzi al senso della realtà, al senso comune, perché – ha detto inoltre compiaciuto Sangiuliano, collegandosi ad un attuale protagonista della realtà e del suo ultimo libro – non credo che Trump abbia mai letto Ortega y Gasset, oppure abbia mai letto Oswald Spengler, che denuncia il Nichilismo nel famoso saggio “Il Tramonto dell’Occidente”, non credo che Trump abbia letto “Oltre la linea”, il bellissimo dialogo a due tra Martin Heidegger e Ernst Jünger, proprio sul tema del Nichilismo che sta distruggendo la società occidentale o “La nascita della tragedia” di Friedrich Nietzsche, però con un indubbio fiuto, un fiuto quasi animalesco, ma efficace che Trump ha, nel discorso di insegnamento al Campidoglio, ha detto dobbiamo riportare indietro la macchina della storia. Un tornare indietro nella storia, però che non significa tornare a un mero passato, ma significa riappropriarsi delle proprie radici, del proprio essere.” “Io non accetto sinceramente – ha rilevato l’autore del volume “Trump – La Rivincita” – questa lettura veramente marxista, da materialismo storico della vittoria elettorale di Trump, prima innanzitutto perchè ci sono due milioni di immigrati illegali, che è vero, che questo fattore ha inciso, poi perché in epoca Biden, c’è stata l’inflazione e i mutui dei cittadini americani sono saliti alle stelle. Un problema grave, c’è stato, che ha inciso in questa campagna elettorale, ma io penso che con Trump, come fu a suo tempo per Reagan, c’è stata la capacità di connettersi con quello che Invernizzi dice, il senso reale, il senso comune. E questo Trump l’ha rivendicato. Cioè noi vogliamo esprimere il senso comune, cioè un senso di appartenenza e di identità di tutti quanti. La categoria del patriottismo che accomuna Giorgia Meloni e Donald Trump, per questo poi si è creata una sintonia perché si parte da una base ideologica comune che va curata per il problema dei dazi, è una categoria che ti consente il superare le divisioni della società.” “La divisione in classi di tipo marxista – ha detto inoltre Sangiuliano – viene superata se una persona si ritrova in una base comune, un’appartenenza comune. Perché qual è la constatazione elementare del conservatore? Ciascuno di noi ha una memoria del proprio essere familiare. Ciascuno di noi ricorda il proprio a sé, i propri momenti della propria famiglia ma accanto a questa memoria individuale che ciascuno di noi ha e coltiva, ci sono le memorie più grandi, c’è la memoria collettiva. C’è un senso di appartenenza identitario, c’è un senso di appartenenza ad una nazione, cioè a quelli che sono stati i momenti salienti della nostra storia comune che tutti siamo chiamati a ricordare. E questo crea la categoria del patriottimo. Quindi, Trump, a suo modo, ha avuto la capacità di intuire di percepire questo, i valori dell’appartenenza, i valori dell’identità, di sentirsi comune di un’entità che affratella e questo è il senso comune del conservatorismo su cui Trump ha vinto la sua campagna elettorale.” “Ritornando al titolo dell’incontro di oggi e dovendo ritrovarne una sintesi, – ha puntualizzato Sangiuliano – la ritroviamo nel termine “rivoluzione conservatrice”, apparentemente un ossimoro, ma è invece un termine forte perchè l’effetto rivoluzionario è nel riappropriarsi della storia e del valore delle idee come consentono di rilevare recenti accadimenti.”