Il Senato per poter aumentare gli attuali incassi pari a 1,3 miliardi di euro, dati comunicati dal Mef, che il concordato ha portato nelle tasche del fisco sta sottoponendo al vaglio politico di Palazzo Chigi la riapertura del concordato preventivo al 10 dicembre 2024. Una novità che, dal punto di vista operativo, dovrebbe essere formulata in un decreto legge di prossima emanazione da trasporre poi in un emendamento al DL Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2025.

L’esito del concordato è centrale per il nuovo taglio delle aliquote IRPEF e, in particolare, per la riduzione di due punti dell’aliquota del 35% che si applica ai titolari di redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro. Un obiettivo che allo stato attuale risulta difficile perseguire contando sui soli incassi del concordato, tenuto conto della necessità di almeno 2 miliardi di euro. Si tratta, in ogni caso, di anticipazioni sulle quali si è in attesa di conferme.

Il viceministro Leo ha dichiarato che il concordato preventivo ha generato incassi significativi per lo Stato, con un aumento della base imponibile e adesioni di oltre 500mila partite Iva. Oltre il 15% ha accettato l’accordo proposto dall’Agenzia delle Entrate, ossia circa 403mila imprese. Il Ministro Leo ha dichiarato che, per lui, “la riapertura è auspicabile ma a condizione che ci sia il via libera collegiale del governo e della maggioranza e che porti ad un effettivo giovamento alla finanza pubblica”.

La nuova scadenza del 10 dicembre, tuttavia, comporta la necessità di risolvere alcune problematiche pratiche, in particolare il fatto che il termine per il versamento degli acconti di novembre scade il 2 dicembre (slittato di un giorno per via del sabato). Di conseguenza, sarà necessario stabilire un doppio binario di versamenti: uno per chi ha aderito entro il 31 ottobre e uno per chi lo farà con la riapertura e nel secondo caso bisognerà prevedere un ravvedimento operoso per il versamento delle imposte.

Molti si stanno interrogando se nell’emendamento verrà inserito anche una via di fuga per coloro che hanno erroneamente indicato nel quadro P o nel quadro LM sez. VI l’adesione al CPB. Essi a oggi non possono tornare indietro. La scelta è irrevocabile. Se decidesse di non versare le imposte dovute, che scaturiscono dal CPB, il danno sarebbe doppio; infatti tasserebbero comunque il reddito concordato, anche in caso di decadenza e senza fruire dei benefici.

 Una volta che il contribuente proceda ad accettare il reddito proposto è obbligato a determinare le imposte su detto reddito, indipendentemente dal reddito effettivo; l’eventuale omesso versamento di tali imposte comporta una duplice conseguenza:

  • in primo luogo, le imposte dovute risulteranno iscritte a ruolo (art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 13/2024);
  • in secondo luogo, il contribuente incorre nella decadenza.

Ciò implica il fatto che:

  • le imposte non versate che saranno recuperate coattivamente
  • saranno rideterminate in base al reddito effettivo, se maggiore.

È possibile evitare la decadenza se interviene il ravvedimento operoso.