Cernobbio, 8 settembre 2024 – L’Italia si trova ad affrontare una sfida economica di lungo corso: un calo della produttività che persiste da oltre vent’anni e che limita la competitività del Paese nel contesto globale. Dall’altro lato, l’Unione Europea di fronte alla sfida internazionale e al cambiamento degli assetti strategici globali arranca. Questo è il quadro emerso dall’analisi presentata oggi da Valerio De Molli nel corso del Forum di Cernobbio, che evidenzia le criticità e le azioni necessarie per rilanciare la produttività italiana e la politica industriale europea. Dal 2000 a oggi, l’Italia ha registrato una crescita della produttività significativamente inferiore rispetto agli altri Paesi europei. Questo ritardo ha influito negativamente sulla capacità del Paese di proiettarsi sui mercati internazionali. In particolare, la scarsa performance del settore pubblico rappresenta uno dei principali ostacoli, mentre l’industria e i servizi hanno mostrato segni di ripresa a partire dal 2015. La bassa produttività ha così contribuito alla mancata crescita dei salari. A differenza di quanto osservato in altri Paesi europei, i salari in Italia sono infatti rimasti sostanzialmente invariati nell’ultimo ventennio, con effetti negativi sul potere d’acquisto e sulle dinamiche economiche interne. Per quanto riguarda le imprese italiane, in tutte le classi dimensionali si scontano livelli di produttività inferiori rispetto ai principali Paesi europei. Nel 2022, il Valore Aggiunto per addetto nelle imprese italiane era significativamente inferiore rispetto a quello di Germania e Francia, sia nelle micro (€43.900 Italia, 77.800 Germania e € 51.550 Francia), sia nelle piccole (€57.000 Italia, €77.000 Germania e €83.600 Francia) che nelle medie (€76.400 Italia, €92.200 Germania e €111.900 Francia) e grandi imprese (€91.400 Italia, €120.700 Germania e €120.600 Francia). Questo deficit rappresenta un freno considerevole allo sviluppo economico del Paese, poiché un aumento di produttività significherebbe un aumento di PIL.
La dimensione delle imprese è un fattore determinante per l’incremento della produttività. Imprese più grandi hanno maggiore accesso a risorse finanziarie, tecnologie avanzate e mercati globali e una superiore capacità di investimento, tutti elementi cruciali per sostenere la crescita economica. Tuttavia, l’Italia è caratterizzata da una predominanza di micro, piccole e medie imprese (PMI) – le prime, in particolare, costituiscono il 95% del totale – che spesso mancano della capacità di espandersi e competere su scala internazionale. Per questo motivo, è essenziale promuoverne la crescita dimensionale. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso lo stimolo ai processi di aggregazione, che permetterebbero alle piccole imprese di unirsi per beneficiare di economie di scala e aumentare la loro competitività. Inoltre, un maggiore ricorso ai mercati di Borsa è fondamentale per facilitare l’accesso ai capitali necessari per sostenere l’innovazione e la crescita.
Nonostante l’urgenza di migliorare l’accesso ai capitali, il mercato di Borsa italiano è infatti attualmente sottodimensionato rispetto ai principali competitor europei. Nel 2023, la capitalizzazione di mercato in Italia rappresentava solo il 36,5% del PIL, un valore significativamente inferiore al 71,3% del Regno Unito e al 127,8% della Francia.
Oltre alle sfide interne, l’Italia in qualità di Paese Membro dell’UE si trova di fronte ad alcune sfide globali. L’Europa, infatti ha visto dimezzarsi in trent’anni il suo peso sull’economia mondiale. Dal 1992 al 2022, la quota dell’Unione Europea (UE) sul PIL mondiale è scesa dal 28,7% al 16,6%. Questo declino ha una natura complessa. Da un lato pesa la incompleta realizzazione del Mercato Unico in settori chiave come l’energia, i trasporti e la finanza. Dall’altro l’eccessiva concentrazione sulla concorrenza interna ha distolto lo sguardo e le energie da ciò che succedeva a livello globale. Se si aggiunge a questo una governance complessa e l’assenza di un vero e proprio sentimento europeo dei suoi cittadini (il partito degli astenuti è il primo partito in Europa), ecco spiegato il perché.
Per affrontare le sfide evidenziate in tema di produttività, l’analisi propone tre interventi strategici fondamentali. La prima proposta si concentra sul consolidamento e la crescita della managerializzazione delle micro e PMI italiane attraverso un utilizzo mirato delle risorse finanziarie private disponibili. Questo obiettivo può essere raggiunto promuovendo lo strumento del Search Fund in Italia, che permette a manager esperti di acquisire e gestire piccole imprese con alto potenziale di crescita facendo leva sulla loro esperienza e conoscenza del mercato di riferimento. Inoltre, è essenziale incentivare fiscalmente l’investimento in PMI non quotate, aumentando l’interesse degli investitori privati per questa tipologia di aziende. Infine, grazie anche alla leva fiscale, è fondamentale migliorare l’efficienza e la liquidità dei mercati di Borsa dedicati alle PMI, a partire da un maggior flottante disponibile (in media per ciascuna società quotata pari al 5% rispetto al 33% della Francia). Un aumento di questi due fattori stimolerebbe le imprese ad aprire il proprio capitale per il tramite dell’accesso ai mercati, attivando un effetto trascinamento/emulazione. La seconda proposta mira a incentivare la produttività aziendale attraverso la partecipazione dei lavoratori agli utili. Attraverso la diffusione di piani di azionariato diffuso (caratterizzati da periodi di lock-up, diritti differenziati e clausole anti-illiquidità) è dimostrato scientificamente (grazie ad un maggior allineamento di interessi) un aumento della produttività derivante pari mediamente a circa il 3%. La terza proposta riguarda l’Europa e la creazione di una Fondazione per il Sogno Europeo, un’iniziativa privata e indipendente, sostenuta da imprese e cittadini. L’assunto di base è che, senza un vero e proprio sentimento di appartenenza dei sui cittadini, la competitività europea, indipendentemente dalle iniziative attuate, continuerà ad essere meno efficace rispetto a quella dei suoi competitor. Questa Fondazione avrebbe quindi il compito di promuovere una coscienza comune sul ruolo dell’UE nel contesto globale, rafforzando il senso di appartenenza tra i cittadini europei e consolidando l’immagine e i valori dell’UE nel mondo, anche attraverso strumenti meno convenzionali di comunicazione. Molteplici gli impatti delle proposte, in primis l’aumento dimensionale delle imprese: circa 20.000 imprese (4% del totale manifatturiero) aumenterebbero la propria dimensione, generando un effetto consolidamento del mercato. In particolare, ca 12.000 aziende da micro diventerebbero piccole, ca 6.300 aziende da piccole a medie e ca 500 aziende da medie diverrebbero di grandi dimensioni. Gli stimoli finanziari consentirebbero inoltre una crescita della produttività del 5,7% e la generazione di oltre 100 miliardi di euro di nuovo Valore Aggiunto e 380.000 nuovi posti di lavoro. Infine, sulla base di recenti studi scientifici, si stima che l’adozione di strumenti di azionariato diffuso possa indirettamente incidere sulla produttività per addetto in misura pari a il 3%.