Prosegue l’attività di monitoraggio svolta dall’associazione Fulop che ha inviato le richieste di accesso agli atti relative al numero di eventi da malpractice sanitaria verificatisi nelle Regioni e Province autonome, con i relativi costi sostenuti dalle aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), in ordine ai risarcimenti danni erogati e alle spese processuali sostenute e liquidate ai procuratori delle parti ricorrenti. Complessivamente sono 106 gli accessi ad oggi effettuati alle aziende sanitarie locali di tutta Italia. Di questi 76 hanno fornito i dati richiesti, 4 non intendono rispondere e 26 non hanno ancora risposto. A questi dati vanno aggiunte le 115 richieste di accesso agli atti formulate alle aziende ospedaliere e le 47 indirizzate agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Tra gli istituti di ricerca in indirizzo anche il San Raffaele di Milano, lo Spallanzani di Roma, il Pascale di Napoli, il San Camillo di Venezia.

“Tra i primissimi dati spiccano le risposte di cinque aziende sanitarie (Ascoli, Pesaro Urbino, Sardegna Oristano e Gallura, Bergamo) che dichiarano di non aver mai avuto sinistri – dichiara Eleonora Coletta, presidente dell’Osservatorio dell’associazione Fulop. In tanti casi abbiamo registrato una certa resistenza nel fornire dati che, è bene sempre ricordare, sono pubblici e riguardano un tema che impatta fortemente nella vita di ciascuno di noi come quello della spesa sanitaria”. “

“Il problema – chiarisce Raffaele Di Monda presidente dell’associazione Fulop da anni impegnata in una campagna nazionale di prevenzione per le infezioni ospedaliere e l’antibiotico-resistenza – è che in Italia non esiste una banca dati che aggreghi i numeri di malpractice sanitarie con i relativi risarcimenti, mentre la sanità pubblica continua a sborsare milioni di euro senza avere alcun elemento preciso di valutazione né geografico né tantomeno economico. In queste condizioni è difficilissimo se non impossibile avviare una qualunque attività di prevenzione e limitazione del danno. E a pagarne le spese sono i cittadini italiani”.

“I numeri parlano chiaro – conclude Di Monda – pensiamo ai risarcimenti dovuti alle 12mila vittime delle infezioni correlate all’assistenza  e ai 50 mila che contraggono le infezioni ogni anno in ambito ospedaliero. Un’emorragia di denaro pubblico che deve essere fermata e per questo abbiamo deciso di attivare le nostre professionalità  per offrire un contributo propositivo a tutela della sanità pubblica”.