Il futuro dell’Europa si gioca sulla sua capacità di tornare a essere competitiva nello scenario globale tenendo insieme la sfida dello sviluppo industriale e quella della transizione ecologica. Nessun passo indietro sulla necessità di preservare la salute del Pianeta, nessun passo indietro sulla sostenibilità, anzi, proprio per rendere efficace il Green New Deal serve realismo, e quindi più scienza e più tecnologia. La crescita è l’unica strada concretamente perseguibile per garantire il raggiungimento degli ambiziosi traguardi dettati dalla neutralità climatica. È questo il messaggio emerso dal convegno promosso dalla Fondazione Mezzogiorno e da Unione Industriali Napoli dal titolo “Sostenibilità, sviluppo e competitività: Europa alla prova”, tenuto oggi venerdì 27 ottobre 2023 a Palazzo Partanna. “La transizione ecologica – ha detto Vannia Gava, Viceministro Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – è un’opportunità per il nostro Paese. Condividiamo tutti gli obiettivi sfidanti Net Zero ma al 2050 dobbiamo arrivarci con una economia che funziona, con le imprese che producono e che creano posti lavoro. Come? Con la tecnologia e la gradualità. Non possiamo accettare tutto e subito. Non possiamo mortificare il nostro sistema industriale, che ha già investito tantissimo nell’innovazione, ma dobbiamo accompagnarlo e tutelarlo. Le imposizioni UE calate dall’alto, vedi sul packaging o le case green, vanno nella direzione opposta. Su questo stiamo conducendo una battaglia epocale. L’industria nazionale deve sapere che ha un Governo che le è accanto, che crede in chi fa impresa e produce reddito e occupazione. Questo è fare economia”. “Bisogna riscoprire – ha messo in evidenza Antonio D’Amato, Ceo di Seda Packaging International Group e Presidente della Fondazione Mezzogiorno – una vera politica industriale per l’Europa e bisogna soprattutto dare stabilità al quadro regolamentare europeo. In questo momento, sull’onda demagogica del Green Deal si stanno mettendo in essere tutta una serie di provvedimenti legislativi che non danno certezza a chi deve investire e ciò, molto spesso, anche a danno dell’ambiente oltre che della tenuta sociale del nostro continente”. “Il Mezzogiorno – ha continuato D’Amato – può svolgere un ruolo strategico per la ripresa del Paese. Il Sud, infatti, può vantare una grandissima capacità competitiva nelle intelligenze, nei giovani che hanno grande flessibilità, forza e capacità di lavoro. Occorre favorire più investimenti nel Sud per far diventare il Mezzogiorno vero motore dello sviluppo del Paese, ma dobbiamo al tempo stesso far sì che l’Europa non vada in una fase di deindustrializzazione selvaggia così come questo Green Deal sta proiettando. Senza sviluppo industriale non può esserci né crescita economica e tantomeno solidarietà ed equità sociale, e senza questo l’Europa implode e quindi la pace è veramente a rischio”. Al convegno hanno partecipato Costanzo Jannotti Pecci, Presidente Unione Industriali Napoli, Katia Da Ros, Vice Presidente per Ambiente, Sostenibilità e Cultura di Confindustria, Laura D’Aprile, Capo Dipartimento per la Transizione ecologica e gli Investimenti verdi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Marco Ravazzolo, Direttore Area Politiche per l’Ambiente, l’Energia e la Mobilità di Confindustria, Carlo Stagnaro, Direttore Ricerche e Studi dell’Istituto Bruno Leoni, Claudio Cerasa. “La nostra idea di crescita non lascia indietro nessuno, è inclusiva” ha osservato Costanzo Jannotti Pecci, Presidente Unione Industriali Napoli. “Perché sia concretizzabile, implica attenzione a coniugare le diverse esigenze, evitando salti nel buio, decisioni dettate da ideologismi piuttosto che da analisi ponderate”. “La transizione sostenibile è una sfida cruciale e un’opportunità di innovazione. Per affrontarla, è necessaria una strategia di politica industriale che rispetti la neutralità tecnologica”, ha affermato Katia Da Ros, Vice Presidente per Ambiente, Sostenibilità e Cultura di Confindustria. “L’Italia è leader nel riciclo dei rifiuti industriali, superando le medie europee. Ha anticipato di 9 anni l’obiettivo europeo del 70% di riciclo dei rifiuti da imballaggio entro il 2030. L’industria italiana è ambiziosa e responsabile. La questione quindi non è se, ma come condurre una transizione ecologica e sostenibile, garantendo sostenibilità a livello ambientale, sociale ed economico. Per questo ci preoccupano le nuove norme europee sugli imballaggi poiché potrebbero mettere a rischio miliardi di investimenti e migliaia di posti di lavoro. Ora auspichiamo che la normativa sia rivista”. “L’Unione europea – ha detto Carlo Stagnaro, Direttore Ricerche e Studi dell’Istituto Bruno Leoni – è l’economia più pulita del pianeta. Questo risultato importante è stato raggiunto grazie al progresso tecnologico che ci ha messo a disposizione soluzioni sempre più compatibili con l’ambiente e alla volontà delle imprese di investire per guadagnare competitività”. Le imprese – hanno messo in evidenza i relatori – sono pronte a fare la loro parte, interpretando i cambiamenti in atto per coniugare difesa dell’ambiente, crescita economica e competitività nel contesto globale, anche integrando nei modelli organizzativi aziendali i correttivi necessari per realizzare il cambiamento auspicato. Le istituzioni Europee devono fare molto di più per rilanciare la competitività delle imprese europee e contrastare il rischio di deindustrializzazione.