Il presidente Lombardi. “Pronti con uomini e mezzi a supportare la Protezione civile in operazioni di soccorso e ricostruzione. Mettiamo subito in sicurezza il nostro Paese con misure incisive come il Sismabonus” 
Federcepicostruzioni esprime il più profondo cordoglio alle comunità turche e siriane duramente colpite dal terremoto e manifesta la propria ampia disponibilità, in termini logistici ma anche di uomini e di mezzi, per facilitare ed accelerare le operazioni di soccorso e ricostruzione.“Il momento doloroso e drammatico – commenta il presidente nazionale di Federcepicostruzioni Antonio Lombardi – impone purtroppo anche una severa riflessione sul nostro Paese che, com’è noto, insiste in una delle aree sismiche a più elevata pericolosità nel mondo. Non è possibile, oggi che le tecniche costruttive hanno raggiunto livelli di sicurezza antisismica così elevati, piangere ancora vittime e disastri di questa portata. È un dolore che ci tocca da vicino e che ancora avvertiamo come ferita viva ed aperta: sono migliaia le vittime per fenomeni tellurici in Italia soltanto negli ultimi venti anni”.Federcepicostruzioni lamenta, in particolare, azioni di messa in sicurezza del territorio inversamente proporzionali – in termini di intensità ed efficacia – alle lacrime post-evento: “Per le ricostruzioni post-sisma abbiamo speso in Italia, dal 1968 ad oggi, oltre 190 miliardi, di cui 27 per il sisma di Amatrice nel 2016, 5 per quello de L’Aquila nel 2009. 32 miliardi, solo per questi ultimi due eventi. Gli interventi di ricostruzione non si sono ancora conclusi: una beffa, per chi opera in edilizia ed oggi è costretto a chiudere i lavori del Superbonus in tempi strettissimi, pena la revoca del beneficio. Quando a tardare è lo Stato e a pagare è la povera gente, i ritardi possono ben essere tollerati. Oltre ogni umana sostenibilità, giacché il più recente, dei due terremoti segnalati, risale a ben 7 anni fa”.“Ma la vera beffa – evidenzia ancora il presidente Lombardi – sta nel fatto che i costi delle purtroppo frequenti ricostruzioni è di gran lunga superiore a quanto si dovrebbe sostenere per un serio ed organico piano di messa in sicurezza antisismica di paesi e città. Dal 1968, anno del terremoto del Belice (più di 300 morti e 70mila sfollati, ndr) ad oggi, l’esborso a carico dello Stato per la ricostruzione degli immobili danneggiati è stato enorme. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, sulla base degli atti parlamentari, li quantificava, nel 2014, in 121 miliardi di euro. Questa somma, rivalutata ai prezzi correnti, è pari a 159 miliardi, cui si devono aggiungere ovviamente i 27 miliardi legati ai danni del sisma del Centro Italia nel 2016, ed altri 5 miliardi dovuti ai maggiori costi del sisma de L’Aquila nel 2009. In totale, a prezzi correnti, fanno 191 miliardi di euro di danni in 54 anni. La spesa effettiva sostenuta fino a questo momento per eventi tellurici, insomma, ammonta a 165 miliardi di euro: ovvero 3 miliardi l’anno”. “L’inconfutabile elemento di riflessione che ci consegnano questi dati – afferma il presidente Lombardi – è l’esigenza, non più differibile, di intervenire concretamente per la prevenzione del rischio sismico. Le risorse vanno purtroppo reperite necessariamente, giacché la politica del risparmio e dell’inerzia ci insegna che, dove non si previene, si è chiamati poi a ricostruire. Con costi, anche umani, problemi e disagi spesso notevolmente superiori”.Infine, il presidente di Federcepicostruzioni auspica un intervento che uniformi sul piano nazionale le modalità di intervento: “Occorre un piano nazionale – dice – che indichi gli strumenti e le priorità di azione. Oggi in Italia abbiamo sette ricostruzioni in corso: nel Centro Italia, in Abruzzo, ad Ischia, a Catania, nel Molise, nel Mugello e in Emilia: ciascuna con la sua governance, con le sue regole e le sue procedure, sistematicamente differenti, che creano un’evidente disparità di trattamento tra cittadini colpiti dalla stessa calamità”.“Lavoriamo concretamente e seriamente – è la conclusione del presidente di Federcepicostruzioni – per rendere sicuri il nostro Paese, le nostre case, le nostre scuole, i nostri uffici. Oggi è tecnicamente possibile. Il ritardo ci è già costato troppo in termini economici, per le continue ricostruzioni, ma anche e soprattutto umani: per le centinaia e migliaia di vittime che siamo costretti ogni volta a piangere”.
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