Da Roma a Napoli, da Taormina a Capri, cambio di bandiera su decine di hotel, anche storici o di grande tradizione. Grande shopping in Campania, Sicilia e Puglia mentre gli albergatori italiani si preparano alle sfide del futuro
Napoli, 17 gennaio 2023 – I grandi brand dell’hotellerie investono sul centro sud Italia. E sono soprattutto le grandi catene internazionali ad aver messo gli occhi sul nostro Paese. Lo rivela uno studio di Assoturismo-CST presentato a Napoli da Alessandro Fiorentino, professore dell’Università la Sapienza di Roma e della Luiss, in occasione della terza edizione di Tuttohotel, in svolgimento alla Mostra d’Oltremare fino a mercoledì 18 gennaio.
Lo studio sottolinea che si sta affermando un avanzamento lento ma costante di queste forme imprenditoriali rispetto alla formula ancora dominante in Italia della proprietà e gestione diretta. Nel centro sud Italia si sono avuti recenti ingressi significativi sia di operatori nazionali che hanno ampliato la presenza geografica verso sud, sia di brand internazionali che hanno intensificato la presenza nelle regioni meridionali. In particolare, si riscontra un elevato dinamismo nel segmento di fascia di offerta più elevata degli alberghi 5 stelle e 5 stelle lusso.
Tra le operazioni recenti si possono segnalare in particolare per il sud Italia l’acquisizione del gruppo di villaggi turistici Bluserena, l’apertura di Four Seasons Hotels & Resorts in Sicilia e Puglia, il consolidamento della presenza di Rocco Forte Hotels a Palermo e Trapani e l’espansione verso la Puglia, l’apertura ancora in Sicilia di Adler Resort e di HNH Hotels. Nella stessa regione è presente anche il gruppo Belmond – ora parte di LVMH – a Taormina, dove troviamo anche il brand VRetreats del gruppo Alpitour. A Capri sono arrivati il gruppo Oetker e il gruppo Jumeirah che si affiancano alla storica presenza di Hilton a Sorrento. A Napoli sventola la bandiera con il brand Curio. Nutrito infine il gruppo di brand alberghieri di lusso in apertura nei prossimi anni a Roma, tra gli altri Six Senses Hotels & Resorts, Rosewood, Bulgari Hotels, Nobu Hotels, Four Seasons Hotels & Resorts. Oltre a questi, si registra anche il cambio di proprietà di singoli storici hotel in diverse città, anche questi finiti sotto le insegne di marchi stranieri.
La progressiva affermazione dei brand internazionali, sottolinea il lavoro presentato da Assoturismo, spinge a una crescita della qualità media dell’offerta di servizi di ospitalità anche da parte dei privati che devono fronteggiare una concorrenza di più alto livello a standard internazionale.
L’istituto internazionale Statista ha sviluppato in collaborazione con Booking.com lo studio European Accommodation Barometer 2022 che indaga approfonditamente sullo stato del mercato dell’ospitalità in Europa, per capire anche quali potranno essere, secondo gli albergatori europei che le vivono in prima persona, le opportunità future in questo business. I risultati indicano che solo il 36% degli albergatori italiani è ottimista a proposito dello sviluppo dei ricavi nei prossimi sei mesi: per gli operatori tricolori i costi dell’energia rappresentano il primo motivo di preoccupazione (79% degli intervistati), seguito dalla difficoltà nella gestione delle assunzioni (46%), dalla situazione economica attuale (41%) e dalla crescita dai costi per lo staff (39%). Tra le altre interessanti informazioni sull’Italia dell’ospitalità, lo studio evidenzia che è appena il 18% degli imprenditori alberghieri italiani a dire che investirà nella sua struttura nei prossimi sei mesi più risorse rispetto al precedente semestre. Ben il 64% degli albergatori della Penisola racconta di essere già molto preparato alle sfide della trasformazione digitale mentre il 54% si dice già pronto a rispondere alle crescenti richieste degli ospiti in tema di sostenibilità e approccio green. Un forte problema per il settore ospitalità nel 2022 è stato quello della scarsità di personale a seguito della crisi pandemica. In particolare, l’Istat segnala che nel primo semestre 2022, nell’industria turistica allargata sono mancati circa 90 mila occupati rispetto al 2019 quando il settore ne contava quasi 2 milioni (circa il 7% dell’occupazione dei Servizi).
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